Sire Italiani, ottimi risultati scarso interesse. Un’idea per cambiare le cose!
Cassina De Pomm, Dry Your Eyes, Uniram, Brex Drago, Goldstream, Cleo Fan, Sakhee’s Soldier… Cos’hanno in comune tra di loro?
Sono tutti cavalli vincitori di corse di selezione in Italia o all’estero nel solo 2015, Gruppi o Listed che siano, ma non solo, sono tutti prodotti di stalloni italiani, o meglio, che montano (o hanno montato) qui in Italia.
Ribadiamo, solo vincitori di corse che danno il famoso neretto, non abbiamo contati i vincitori di handicap prestigiosi, vedi Demeteor nell’Arno, oppure di condizionate, neppure i piazzati delle corse di selezione sono stati conteggiati.
Non avendo interessi in ambito stalloniero possiamo fare un’analisi serena e scevra da preconcetti.
I numeri sono buoni, però si scontrano con un sostanziale disinteresse da parte dei compratori italiani per questo genere di prodotti. Alle ultime aste SGA (leggi QUI) il primo dei prodotti totalmente Made in Italy, per prezzo di vendita, è addirittura al ventesimo posto, un figlio di Colossus acquistato per 15mila.
Neppure si può dire che non siano passati per i canali ufficiali di vendita visto che sempre alle Aste di Settimo Milanese, oltre 40 dei 76 lotti presenti erano figli di questi stalloni.
Questi cavalli danno molti vincitori – pur avendo coperto fattrici di qualità rivedibile – e soprattutto hanno un rapporto qualità-prezzo invidiabile, è difficile trovare stalloni, già provati, con tassi di monta così bassi e con una percentuale di riuscita così elevata, eppure non piacciono. All’estero i figli di uno stallone italiano hanno fatto ottimi numeri, da noi sarebbe stato pressoché impossibile.
I nostri scontano un pregiudizio radicato che vuole il riproduttore funzionante in Italia per forza di cose peggiore di quello estero, non solo se paragonato ai top sire esteri – quelli a dire il vero scarseggiano (eufemismo) tout court sui nostri mercati – ma pure agli stalloni medi o medio-bassi, magari prima annata, che sono il vero metro di paragone per noi. Basti vedere gli oltre ottanta puledri acquistati alle aste di Fairyhouse di Tattersalls (leggi QUI) o alle Sportsman di Goffs (leggi QUI). Davvero un puledro acquistato dai 3 ai 6mila euro (con il trasporto e i vari costi si arriva facilmente a 5/7mila) in queste aste vale molto di più di un figlio di nostri stalloni, che per di più hanno, generalmente, il vantaggio del Premio Aggiunto?
Lanciamo una provocazione: non vi pare sia giunto il tempo di cambiare atteggiamento?
Il già citato dato statistico vede gli stalloni di casa nostra difendersi bene nei confronti con gli esteri.
Inoltre ci pare un comportamento autolesionistico quello di sottovalutare i nostri sire, soprattutto da parte degli allevatori italiani. Senza un valido parco stalloniero, nel giro di qualche anno, tutto l’allevamento nostrano subirà un ridimensionamento (i primi effetti sono già sotto gli occhi di tutti, amplificati dalla crisi generale) diventando poco più che uno sfizio per pochi.
Non è sostenibile, a nostro avviso, un sistema che preveda che tutte le fattrici vadano all’estero a farsi coprire, per via dei costi proibitivi per molti e talvolta neanche ragionevoli se pensiamo al pedigree di alcune nostre mamme.
Chissà perché la Germania, una nazione che oramai è avanti anni luce rispetto a noi (partendo da molto più indietro…), ha invece fatto il percorso opposto puntando fortemente sugli stalloni indigeni, cercando di crearli quando ritenevano che alcuni loro soggetti ritirati in razza potessero funzionare bene ed essere dei miglioratori.
Per “crearli” intendiamo sostenerli nelle monte, portandogli tante fattrici e magari anche quelle che per qualità avrebbero potuto andare all’estero. Certo è una scelta rischiosa e che può portare anche a qualche buco nell’acqua, ma alla lunga è la strategia vincente, l’unica attuabile da una Nazione come la nostra che certo non può competere con i grandi investimenti dei player globali.
Purtroppo è un modello che porterà frutti nel medio lungo periodo, non meno di cinque-dieci anni, e dunque sarebbe utile cercare di trovare un’altra soluzione più a breve per rendere più appetibili i nostri stalloni indigeni.
Noi abbiamo pensato a un bonus, un premio monetario, per i cavalli vincitori in Italia nati da stalloni residenti in Italia. Ovviamente ritenendo che il fine ultimo di ogni incentivo debba essere l’innalzamento della qualità e dunque la selezione, tale bonus andrebbe legato a vittorie importanti, diciamo dalle Listed a salire, magari modulandolo in base all’importanza della vittoria, se vinci un Gruppo I prendi più denaro che una vittoria di Listed, per intenderci.
Il fondo dal quale attingere per i bonus andrebbe alimentato dagli stallonieri, che beneficiando di un indubbio vantaggio dovrebbero pagare per iscrivere i loro stalloni, con l’aiuto di Istituzioni come la SIRE, che già oggi aiutano i prodotti che passano alle aste SGA. Qui l’idea è più ampia perché non è legata solo a un passaggio in asta ma a una determinata scelta fatta dall’allevatore, che preferisce uno stallone italiano rispetto a uno estero.
L’effetto sarebbe molteplice, il bonus andrebbe ad aggiungersi al Premio Aggiunto amplificandone la portata e potrebbe creare un effetto volano sia come miglioramento qualitativo dei nostri stalloni (potrebbero coprire fattrici migliori) sia come maggiore ricerca, da parte degli stallonieri stessi, di nuovi sire da portare in Italia riducendo dunque i costi per gli allevatori italiani. Questi a loro volta, a fronte di un risparmio di costi, potrebbero dunque pensare di aumentare il numero delle loro femmine in razza aumentando il numero dei nati per anno, ben sappiamo quanto ce ne sia bisogno.
Ovviamente la strada dell’estero sarà sempre aperta per coloro che ritengono che la loro fattrice sia all’altezza di andare in sposa all’estero, ma almeno sarà una scelta consapevole e non frutto di una necessità creata dal mercato.
Riteniamo che questa idea vada attentamente esplorata, non vediamo aspetti negativi e anzi le positività per tutto il sistema del galoppo tricolore sono tante.
Cosa ne pensate?
Antonio Viani@DerbyWinnerblog
16 ottobre 2015 alle 13:05
[…]
Le razze dei cavalli sono presentemente in Italia in uno stato di gran decadenza,
motivata principalmente dall’incuria, e dalla poca intelligenza dei proprietari,
mentre nell’ultimo ventennio si perfezionarono in un modo rimarchevole in Francia,
in Germania ed in Russia.
Il deperimento delle razze indigene, ed li lusso ogni dì crescente determinarono in Italia
l’uso dei cavalli oltramontani in specie dell’alta Germania, i quali sui nostri mercati si
comprano a prezzi elevatissimi, e che poi raramente resistono al nostro clima meridionale.
In una tale posizione non potendo giammai rinvenirsi il tornaconto
dei più, era naturale che si risvegliasse il desiderio d’incoraggiare il miglioramento
della razze dei cavalli italiani affine di porre il nostro paese in stato di fornire
cavalli di lusso di minor prezzo di quelli di oltremonte
Le corse di cavalli indigeni, ed inglesi di puro sangue –
l’istruzione veterinaria diffusa – permanenti pubblici depositi di eletti stalloni,
ecco i tre mezzi che messi simultaneamente in azione sembrano dover assicurare il
miglioramento delle razze di cavalli.
[…]
Estratto di una lettera
della Società Anonima Fiorentina
per le corse di cavalli toscani ed inglesi di puro sangue
Firenze, Aprile 1837
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16 ottobre 2015 alle 15:39
Grazie Paolo dell’estratto. Già nel 1837 eravamo in crisi! Diciamo che questo ci dà un minimo di conforto.
Per quanto riguarda il confronto Italia-Germania, lungi da me disconosceere la cultura equina d’oltre Reno, che è innegabilmente più antica della nostra, ma ci si riferiva al passato prossimo, diciamo dal dopo guerra, quando il sistema ippico Italiano era davvero vicino ai paesi storicamente più evoluti e la Germania era oggettivamente molto indietro. In pochi decenni questo si è capovolto e ora siamo noi a guardarli con il cannocchiale. A presto e grazie per l’estratto, il passato porta con sé i germi del futuro!
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17 ottobre 2015 alle 0:32
Solo per evidenziare che i problemi attuali sono in realtà discorsi molto antichi…
i concetti base sono sempre gli stessi; anche i confronti con l’estero sono gli stessi.
Agli albori dell’ippica furono poi dati effettivamente vari vantaggi ai prodotti indigeni: discarichi, corse dedicate, premi… perché il vero vantaggio che può venire dall’ippica è il mercato del cavallo nel suo complesso, non la mera vincita al palo fine a se stessa, che per quanto grande sia non sostiene mai; come purtroppo tanti operatori si saranno accorti negli ultimi anni.
L’unica cosa che non c’è oggi, è la concreta iniziativa, ai tempi della lettera fu dato seguito effettivamente ai discorsi, oggi rimangono solo i discorsi e qualche ricordo lontano.
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17 ottobre 2015 alle 9:39
Certamente i problemi sono annosi. Adesso la situazione è più grave perché il mercato, come giustamente scrivi, barometro dello stato di salute di un sistema, è in forte difficoltà. L’idea del bonus nasce per incentivare il mercato del purosangue nato e cresciuto qui da noi. L’idea di fondo è che se incentiviamo, non proteggiamo sia chiaro, l’acquisto di un prodotto italiano nato da uno stallone italiano inneschiamo un circolo virtuoso che parte dalla pista per arrivare all’allevamento (attività agricola ad alta funzione culturale e sociale e dunque da incentivare), vera base e ragion d’essere della nascita dell’ippica moderna e del suo sostenimento da parte statale.
I pochissimi nati di questi anni dovrebbero aver tolto i dubbi anche ai più scettici, avanti così l’allevamento muore. Ovviamente la mia è solo un’idea e come tale andrebbe approfondita per essere affinata, però qualcosa in tal senso fa fatta.
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22 ottobre 2015 alle 16:55
[…] disaffezione da parte della clientela italiana verso i figli di stalloni italiani. Su DerbyWinner (leggi QUI) in un pezzo di alcuni giorni addietro abbiamo smosso le acque parlando della possibile creazione di […]
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7 gennaio 2016 alle 16:43
[…] avuto dagli stalloni di casa nostra. Noi ve l’avevamo anticipato in un articolo di poco tempo fa (leggi QUI) ma ci da enorme soddisfazione che il giornale tecnico per eccellenza dell’ippica italiana abbia […]
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