Questione Comitato Pattern, think different!

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epc-logo-480x237Signori, l’ennesima Caporetto.
La riunione avuta negli scorsi giorni ha visto, ancora una volta, l’Italia uscire con le ossa rotte. Cinque Pattern retrocesse, Milano e Federico Tesio, da Gr2 a Gr3, Tudini, Umbria e Cumani da Gr3 a Listed. Oltre a questo anche Gardone, Criterium Nazionale e Bersaglio a Milano, oltre all’UNIRE a Napoli retrocessi dallo stato di Listed.

Una batosta che, seppur prevedibile, fa male perché colpisce alcune delle corse storiche come il Milano o che nel nome celebrano il più grande ippico di sempre, appunto il Senatore Tesio. Ma non solo, in poche ore è stata rasa al suolo l’intera programmazione sulla velocità, le uniche Pattern esistenti entrambe retrocesse, e in aggiunta pure due Listed come Criterium Nazionale e Bersaglio. Se volete una sorta di paradosso per la nostra ippica che sulla precocità e ancora di più sulla velocità ha puntato spesso nell’ultimo periodo.

Possiamo dire sia stato un fulmine a ciel sereno? Certamente no, le avvisaglie c’erano da tempo. Il sistema italiano, come sappiamo tutti oramai, ha due grossi difetti che lo rendono facilmente attaccabile.
Innanzitutto un valore qualitativo dei propri cavalli tutto sommato non all’altezza degli standard richiesti dai famigerati rating e un sistema con troppe pecche, dal ritardo nei pagamenti fino alle difficoltà gestionali (antidoping ecc), tutte cose che indispongono gli esteri e li scoraggiano dal venire qui da noi in numero considerevole.

Quindi solo colpa del sistema e dei cavalli?
A mio modo di vedere assolutamente no. Perché se è vero che ci sono queste innegabili difficoltà, è altrettanto vero che da anni, come minimo un decennio, non esista uno straccio di visione strategica.
Ci siamo mai chiesti davvero cosa fare per invertire il trend? Abbiamo elaborato un qualche piano che puntasse a interrompere l’emorragia? Possiamo solo dare colpa al ritardo nei pagamenti o ai cavalli non abbastanza performanti? Mi spiace, ma no. La totale inerzia intellettuale ha contribuito anche lei ad aggravare le cose.

Nei giorni scorsi ho letto nei vari social che c’era chi propugnava una uscita dell’Italia dal consesso ippico europeo, una sorta di Italexit che ci portasse sulla falsariga di alcuni Paesi Sudamericani o Mediorientali, concretamente staccandoci dalla dittatura dei rating e gestendo le nostre corse in maniera autonoma, cosa che ovviamente avrebbe consentito di programmare tutti i Gr1 o 2 o 3 che avremmo voluto.
Trovo la scelta sbagliata e anacronistica. L’Europa, anche quella ippica, è una realtà con la quale dobbiamo fare i conti e fare finta che non esista non aiuterebbe, anzi nella situazione in cui siamo adesso, farebbe ancora più danni.
Ma questa proposta, ripeto per me sbagliata, ha un grande pregio, ovverosia è una proposta dirompente.
Apre a una discussione che spariglia le carte che ci sono oggi sul tavolo. Di questo abbiamo bisogno.

Siamo sinceri, negli ultimi anni, lo possiamo ben dire visto che pure noi ci siamo soffermati in passato su questo, il massimo della discussione è stato, ad esempio, se il Milano dovesse essere ridotto o meno di 200 metri. E pure questa è stata una discussione fatta (da pochi) senza la volontà di uscire dagli schemi precostituiti. Il contrario di un reale approccio differente.
Un dibattito francamente surreale visto che non possono bastare 100 o 200 metri in più o in meno, nel medio termine almeno, a salvare una corsa, e infatti lo “scorciamento” non è bastato.
Se davvero si vuole salvare il Milano bisogna pensare in maniera innovativa, bisogna cercare delle soluzioni che partano dalle ragioni del fallimento del Milano e di altre nostre corse e arrivino a una soluzione che rappresenti davvero un nuovo paradigma per tutto il percorso di selezione.
Non sto dicendo che sia facile, ma finché ragioneremo con gli stessi schemi che ci hanno portato a questo livello avremoThink-Different-672x372 sempre gli stessi risultati. Quindi benvenuto chi lancia il sasso nello stagno, magari creerà confusione e non raggiungerà lo scopo, ma almeno porterà azione in un sistema immobile e farà volare via le anatre che nello stagno immobile si sono appisolate.

Ci siamo mai davvero chiesti, per esempio, se non sia oggi il caso di puntare forte su poche, pochissime, non più di due o tre, corse da spingere come dotazione, organizzazione e posizionamento nel calendario per cercare di farle ottenere uno status di primissimo livello? Serve ancora avere un Derby da oltre 600mila euro, o non è meglio puntare su altre prove? Siamo ancora convinti di poter battagliare ad armi pari con colossi ippici come la Francia o la Gran Bretagna o invece è più utile sfruttare il nostro calendario e la nostra posizione geografica posizionando sapientemente poche prove davvero interessanti per gli esteri?
Meglio cercare di presidiare ogni distanza e ogni età o meglio specializzarsi in maniera inequivocabile su una nicchia? O ancora, all’opposto, è meglio dotare sensibilmente le nostre Listed (qualcuno proponeva di arrivare al livello dei Gruppi come montepremi) per cercare di spalmare il montepremi su più scuderie possibile? Ha ancora senso avere una programmazione da oltre 400 convegni ogni anno, a fronte di un numero di cavalli nati e in attività che si riduce ogni anno ed è una frazione di quelli esteri?

Capite bene che le proposte possono essere molteplici e qui ne ho riportate solo alcune. L’importante però è pensare a livello di sistema e farlo in maniera davvero innovativa, appunto, come detto sopra, non avendo timore di sparigliare le carte che oggi sono sul tavolo, per il semplice fatto che oramai sappiamo bene che con queste carte siamo sempre perdenti!
Un nuovo approccio che porti a un nuovo schema porterà interesse e sono certo verrà accolto positivamente anche dal Comitato Pattern, dove hanno solo da guadagnarci da un’Italia che prova nuove strade per risalire la china. Ma soprattutto se faremo, tutti assieme, scelte forti, ragionate e condivise aiuteremo anche le scuderie e gli allevatori a fare scelte migliori e in buona sostanza è lecito attendersi che nel giro di qualche anno pure la qualità dei cavalli in pista migliorerà sensibilmente.
È vero che non possiamo decidere noi su pagamenti e altri aspetti che sono responsabilità di chi ci governa, ma è altrettanto vero che possiamo proporre un nuovo percorso, che possa riprendere alcuni aspetti della grande tradizione italiana e innestarla su pilastri nuovi e più aderenti al mondo che viviamo.
In conclusione, Think different è stato uno slogan di enorme successo che ha cambiato la storia della pubblicità e della Apple, non solo perché aveva un innegabile appeal, ma anche perché traduceva in parole il modo originale di lavorare dell’azienda di Cupertino, cioè lavorare e pensare in maniera differente… THINK DIFFERENT IPPICA ITALIANA!

AntonioViani@DerbyWinnerblog

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