Pochi partenti? Troviamo una soluzione!
Cari amici di DerbyWinner come sapete ho scritto molti articoli sul blog dove sostenevo la improrogabile necessità, al galoppo, di un cambiamento radicale nella programmazione poiché profondamente sbagliata.
Sbagliata perché sconclusionata e totalmente slegata dalla realtà odierna, sia in termini di numeri dei cavalli in attività sia in termini di redditività del prodotto proposto al pubblico.
Un numero esagerato di convegni e corse in programma, quantità che non solo non porta un vantaggio selettivo e spettacolare alla nostra disciplina, ma per di più provoca danni alla sostenibilità economica del settore.
“… i numeri sono la base da cui partire per ogni progetto…”
Tutto vero, ma senza un riscontro nei numeri e una conseguente concreta proposta di modifica rimangono tutte belle frasi scritte nell’aria, quindi, come già fatto in passato con la disputa tra prodotto italiano e prodotto importato, sono andato a vedere i numeri per valutare lo stato dell’arte e poter fare proposte realistiche.
Visto il periodo temporale, ho preso in considerazione i primi tre mesi di questa stagione e quelli medesimi dell’anno passato.
I mesi di gennaio, febbraio e marzo anno 2016 ci raccontano che si sono effettuati 101 convegni, con la disputa di 628 corse – attenzione non conto qui le prove in ostacoli e quelle per mezzosangue o psa che, se aggiunte, porterebbero il totale delle corse del primo trimestre a 675 – e con la presenza di oltre 4.600 partenti con una media partenti per corsa (ripeto solo in piano e per PSI) di poco sopra i 7, per l’esattezza 7,4. Infine la media corse per giornata, in piano PSI, è stata di 6,2.
Numeri che a prima vista ci evidenziano che la media partenti per corsa è fortemente sotto il minimo sindacale, che alcuni posizionano a 8, ma che a mio parere dovrebbe essere attorno, decimale in più o in meno, alla doppia cifra, cioè 10 partenti per corsa. Ricordo ancora una volta che in Francia, lo scorso anno, hanno pubblicato fior di articoli allarmanti perché la media partenti era scesa pericolosamente a poco sopra gli 11 per prova.
Passando alla stagione attuale, finora abbiamo assistito a un primo trimestre dove il numero di convegni è rimasto pressoché invariato, anzi un filo sopra al precedente, visto che ne sono stati disputati 103.
A fronte di questo aumento minimo è però diminuita la quantità di corse disputate che si attesta a 566, (se aggiungiamo le prove in ostacoli e per cavalli non PSI arriviamo a 622) decremento frutto della “tafazziana” scelta – riaffermata poco tempo addietro nel decreto che stabilisce i criteri di redazione del calendario (leggi QUI) – di programmare quotidianamente convegni di sole 6 corse. Questa decisione ha portato la media corse (piano e solo per PSI) per convegno, a 5,5.
Il numero dei partenti si è attestato appena sotto i 4.200, quindi un bel segno meno di circa il 10% dal 2016, con una media partenti che ricalca quella dello scorso anno, cioè 7.4.
Come è facile intuire dai dati sopra esposti, pur riducendo di poco meno del 10% il numero di corse in programma non si hanno sensibili miglioramenti, anzi nulla muta, nel campo partenti medio.
Questo era un risultato facilmente intuibile e che ci consente di vedere in maniera chiara come la scelta di ridurre a 6 il numero delle corse per convegno sia una scelta autolesionista per vari motivi.
Primo, tutti gli studi soprattutto quelli esteri, ci dicono che in linea generale si ha un incremento nella redditività del convegno quando nello stesso sono programmate più prove, diciamo dalle sette/otto in su, tranne in casi eccezionali per qualità, vedi il meeting del Royal Ascot.
Le economie di scala e i vantaggi logistici (soprattutto per allenatori esterni che con più corse possono portare più cavalli nel convegno, risparmiando sui costi) sono evidenti e inoltre così facendo si concentra l’attenzione dello scommettitore su un unico campo, si crea una sorta di faro, a tutto vantaggio del gioco.
Oramai lo sappiamo tutti che programmare corse ogni minuto, o addirittura in contemporanea in più piazze di trotto e galoppo, non porta maggiori volumi di gioco, anzi, oltre ad assistere alla cannibalizzazione di un convegno con un altro, aumentiamo la disaffezione del giocatore per la scommessa ippica.
In secondo luogo questa riduzione, come riportato di poco meno del 10%, non ha sortito l’effetto tecnico che speravano i suoi estensori, cioè fare fronte alla riduzione del numero di cavalli in attività e aumentare i partenti per corsa.
Pochi erano i partenti medi di inizio 2016, pochi sono quelli di quest’anno, nessun aumento anzi una riduzione dei partenti totali.
Quest’anno inoltre, più degli anni scorsi, abbiamo assistito a un utilizzo più frequente dello stesso parco cavalli, quindi cavalli più spremuti che dunque arriveranno con più fatica alla fine della stagione.
In una situazione di numeri ridotti al posto di salvaguardare il materiale esistente lo sfiniamo, il contrario di una scelta saggia.
“… ok cambiare, ma bisogna utilizzare le leve giuste…”
Ma adesso, dopo aver stabilito che la riduzione del numero di corse per convegno non ha funzionato entriamo nel campo delle proposte e chiediamoci perché è stata un fallimento?
Per il semplice fatto che si è azionata la leva sbagliata e per di più la si è tirata con troppa timidezza.
La leva è sbagliata perché andavano ridotti, nel numero, i convegni e non le corse. Sembrano due sinonimi, perché corse e convegni vanno di pari passo, ma (scusate la banalità che sto per enunciare) tagliando un convegno si eliminano almeno 6 corse, quindi si ha un effetto moltiplicatore enorme.
Ma non solo, perché non sarebbe bastato ridurre timidamente della stessa percentuale i convegni come le corse, il famoso 10% sopra citato, ci sarebbe voluta una scelta più decisa che tagliasse almeno del 30% il numero dei convegni, ovvero dai 103 avuti nei primi tre mesi, si sarebbe dovuto passare a più o meno 70-72 convegni.
La mia proposta inizia a prendere forma.
Provate a immaginare una soluzione simile a quella appena evidenziata, dove ipotizziamo circa 20 convegni al mese per gennaio e febbraio (quel periodo dove, a detta di tutti, il galoppo tira un respiro prima di ripartire), quindi 5 convegni a settimana, e 30-32 convegni in marzo, che vorrebbero dire all’incirca 7-8 convegni a settimana.
Sarebbe un programma così inaccettabile?
Io penso assolutamente di no, perché vorrebbe dire che nei primi due mesi dell’anno avremmo 5 giorni sui 6 disponibili, ricordo che il lunedì è di riposo, occupati da un campo di galoppo, e quello non coperto si potrebbe utilizzarlo per dare maggiore risalto ad eventi esteri come ad esempio i giovedì del Carnival.
In marzo con la riapertura dei due campi principali, Roma e Milano, si tornerebbe ad avere tutti i 6 giorni coperti e anzi alla domenica (e magari anche alcuni sabati) ci sarebbe la possibilità di pianificare due campi di galoppo, così da fare felici tutti gli appassionati e consentire a Pisa di finire il suo meeting con l’attenzione che merita.
“… aumentare il montepremi per corsa e i partenti…”
Ipotizzando una media di 6,5 corse in piano per PSI per giornata (ripetiamo ancora che si dovrebbero poi aggiungere a questa cifra le corse in ostacoli e quelle per mezzosangue) avremmo in totale, nel caso ipotizzato di 70 giornate, un monte di 455 corse, più che adeguato per il nostro sistema e che rispetto a questa stagione vorrebbe dire una riduzione di 111 prove, in percentuale un calo attorno al 20% di numero di corse.
Non parliamo quindi di dimezzare il calendario, non siamo dei rivoluzionari fanatici alla Robespierre pronti a ghigliottinare il programma, ma solo dei logici propugnatori del metodo scientifico inventato da Galileo Galilei, ovvero analizzare accuratamente i dati in nostro possesso e proporre soluzioni attuabili da sperimentare, con fondate speranze di successo.
Pensate ai vantaggi in termini di risparmi economici per l’ente (costi fissi per giornata e sovvenzioni agli ippodromi) che verrebbero fuori tagliando circa 30 convegni.
Tutti soldi che potrebbero essere spostati a montepremi con evidenti miglioramenti nella dotazione delle corse e conseguente incentivo verso la creazione di qualità o il miglioramento della stessa.
Pensate anche al montepremi che oggi è stanziato su quelle famose trenta e passa giornate che andrebbero tagliate.
Non credo di sbagliare granché se ipotizzo almeno un 30mila euro a giornata di media (forse sono addirittura basso) che porterebbe a quasi un milione di euro da poter suddividere sulle 70 giornate rimaste.
Provate a immaginare l’impatto che una simile strategia avrebbe su tutta la stagione. Parliamo come minimo di 4 o 5 milioni (anzi con ogni probabilità quasi il doppio) da poter redistribuire sulle corse rimaste.
Vorrebbe dire poter davvero cambiare faccia al programma tecnico, altro che leggero lifting, un vero intervento ricostruttivo e soprattutto necessario.
Infine vediamo come impatterebbe sui partenti, il punto nodale e quello dal quale abbiamo incominciato il nostro ragionamento.
Se prendiamo semplicemente il numero di partenti del primo trimestre 2017 e lo dividiamo per il “nuovo” numero di corse avremmo una media partenti per corsa di 9,2. Quindi una cifra enormemente superiore a quella odierna (più 25% circa) e molto vicina ai famosi 10 partenti medi di cui parlavo in apertura.
Ovvio che una simile divisione è solo una pura congettura matematica, con meno corse i cavalli che sono scesi in pista spesso, nei primi tre mesi, avrebbero meno possibilità di farlo ancora e quindi il numero totale dei partenti sarebbe verosimilmente più basso, ma, anche se fosse, saremmo con ogni probabilità comunque sopra agli 8 partenti medi che alcuni indicano come misura corretta.
Inoltre non dimentichiamo che un montepremi per corsa mediamente più alto porterebbe in dote un effetto volano positivo nel medio termine tendente a un incremento nel numero di cavalli in attività in Italia (leggasi maggiori cavalli importati) e un ritorno del numero dei nati italiani più consono a un Paese ippicamente sano. Entrambe le cose spingerebbero verso l’alto la media dei partenti.
Capite bene dunque quanto sarebbe auspicabile questo taglio ragionato del calendario ippico.
Più soldi e più possibilità remunerative per gli attori della filiera e un programma che risponda maggiormente alla realtà odierna sarebbero una (non la sola) importantissima leva per far finalmente invertire il trend al nostro settore.
Queste mie considerazioni vogliono essere spunti dai quali partire per una riflessione ampia e partecipata, che porti sì a un cambio di rotta, ma che porti soprattutto a un dibattito all’interno del settore perché un cambiamento in un simile pilastro deve avvenire alla luce del Sole e tramite il contributo, e con la consapevolezza, di tutti.
Potare per rendere migliore la pianta viene compiuto da secoli in agricoltura, sarebbe ora di provarci anche nel nostro sport.
Antonio Viani@DerbyWinnerblog
19 aprile 2017 alle 20:20
Come sempre logico e dettagliato nella sua esposizione il concetto espresso dal Dr. Viani, che purtroppo in questa occasione non ha potuto prodursi in una stesura sintetica. Pertanto, personalmente cercherò di essere breve per tentare di dare il mio modesto contributo per non correre il rischio di ulteriormente affaticare quanti hanno già apprezzato l’articolo di Viani, il quale sono certo ha marginalmente trattato la questione “professionisti” dovendo un pò di più soffermarsi sui cavalli. Vede Dr. Viani, nel considerare i numeri, giustamente, andrebbero considerati anche quelli degli umani tecnici che sovrintendono alla materia. Ebbene il numero di Allenatori è da considerarsi assolutamente spropositato rispetto al numero dei cavalli, va da sè che lo stress da impiego non potrà che essere a carico degli equini proprio per la sproporzione con gli umani. Almeno di questi tempi. L’idea quindi, sarebbe quella di contingentare le corse per soggetto proprio al fine di stressare meno il materiale da corsa e in un certo senso ” obbligare” gli Allenatori-Proprietari ad un più ragionato ed oculato impiego dei soggetti alle loro dipendenze. Faccio un esempio, nulla di definito, solo per chiarire un poco il concetto: cavalli di due anni, massimo 10 corse l’anno, non più di 2 nello stesso mese, per il periodo maggio/dicembre, con intervallo di almeno 15 gg. tra una corsa e l’altra. Ancora, cavalli di tre anni: non più di 16 corse l’anno a distanza di almeno 12 giorni e mai più di due nei venticinque giorni. Cavalli di anni 4 ed oltre non più di 20 corse, almeno a 12 gg una dall’altra senza limiti. Penso che in sinergia a quanto suggerito da Lei, porterebbe ad un ottimale impiego dei cavalli, ad un utile e più accurato studio del programma, ad un numero superiore di partenti, ad una migliore selezione, a corse più regolari ed a maggiori somme vinte per cavallo.
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20 aprile 2017 alle 14:01
Grazie Benedetto del fattivo contributo che da all’approfondimento delle tematiche che trattiamo qui sul blog. Nel merito credo che la maggior capacità persuasiva sia data da un programma snellito e razionale che aiuti gli operatori ad effettuare le loro scelte, assieme alla facile constatazione da parte di qualsiasi allenatore o proprietario che, grazie a un sistema simile, un cavallo otterrebbe in un’unica corsa quanto oggi ottiene in due o tre. Poi ovvio che chi ha la “fregola” di correre sempre troverà comunque il modo.
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