Il Giappone e il perfezionamento dell’allevamento e delle corse. I giapponesi ci indicano la via.
Ringraziamo un caro amico di DerbyWinner per averci inviato questo interessante articolo di Robin Bruss, articolo pubblicato su sportingpost.co.za.
Un articolo che riteniamo utile non soltanto perché stimola quella discussione, al di là della condivisione o meno delle tesi, che è fondamentale per lo sviluppo.
Prima di passare all’articolo vero e proprio è giusto inquadrare la figura dell’estensore: Robin Bruss è stato, in vari momenti della sua carriera ippica, proprietario, allevatore, agente, banditore, giornalista, presentatore tv e ricercatore ippico. La sua giubba è tra le più antiche del Sudafrica. Ha allevato 9 vincitori di Gr1 ed è stato proprietario di un Cavallo dell’Anno. Fu il primo a vendere un puledro in Sudafrica per R100.000, poi gestì la carriera stalloniera di Northfields. E’ il pioniere dei sindacati di cavalli da corsa e ha da sempre un ruolo importante nell’organizzazione dell’ippica sudafricana, dove ha fatto parte dei board delle associazioni di allevatori e proprietari ed è membro del Jockey Club. Dunque, buona lettura.
Forse non c’era bisogno di assistere alla bellezza di 5 vittorie di Gruppo 1 dei cavalli giapponesi nelle sette corse della riunione stellare della Dubai World Cup per avere conferma di quello che già si sapeva: il Paese del Sol Levante è diventato una potenza dominante nel mondo delle corse e dell’allevamento. Già il mese prima avevano vinto quattro Gruppi 1 nella riunione della Saudi Cup e in Dicembre si erano presi la metà dei Gruppi 1 del grande meeting di Hong Kong. Aggiungiamo alla lista le due Breeders Cup vinte a Novembre e la conclusione è evidente: il Giappone è fortissimo.
“Questi cavalli allevati in Giappone sono duri in modo fenomenale” sottolineava in una intervista John Gosden nella serata di Meydan “dobbiamo rispettarli, perché ci stanno distruggendo”. Poi Gosden ha aggiunto “Vorrei proprio che le corse inglesi fossero gestite dal Ministero dell’Agricoltura, come quelle giapponesi. E vorrei che anche lo Stato inglese avesse un monopolio del gioco e reinvestisse i proventi nel nostro Sport. Facendo così, il Giappone ha un montepremi enormemente superiore al nostro, e ci mostra cosa è importante nell’ippica. La qualità dei loro cavalli è eccellente e i loro trainers non li risparmiano, non vanno certo con mano leggera nell’allenarli: sono spartani come un tempo eravamo noi. Ora in Inghilterra siamo molto più conservativi, semplicemente perché alleviamo cavalli meno resistenti di quelli di una volta. In Europa e negli Stati Uniti abbiamo preso ad allevare cavalli adatti alle aste anziché alle corse. Di conseguenza ora non li si può più lavorare con la severità di un tempo ed è un bel problema: i giapponesi ci stanno proprio mostrando come si fa”.
I sette Gruppi Uno più importanti del Giappone si corrono tra i 2000 e i 3200 metri. Le due corse più ricche hanno un montepremi di 400 milioni di Yen (€3 milioni) ciascuna e sono a 2400m. Le altre cinque (2000m., 2000m, 2200m, 2400m. 3200m) hanno ognuna un montepremi di Y200m (€1,5 milioni). In Giappone ci sono 23 Gruppi Uno, tra i quali solo due per puledri di 2 anni: peraltro, si corrono entrambi a 1600m. Ne consegue che l’allevamento giapponese viene portato avanti concentrandosi sulla stamina e sulla lenta maturazione dei cavalli. Quell’allevamento ricerca le qualità pregiate che il cavallo deve possedere per correre sulle lunghe distanze: resistenza, durevolezza, salute, un forte sistema cardiovascolare. Un cavallo non può correre sulla distanza se non è proprio in perfetta forma. Per raggiungere quella perfetta forma va allenato a lungo, deve avere un sistema respiratorio impeccabile e un grande motore dentro il torace.
Allevare per le aste provvede agli allevatori commerciali puledri più muscolari, che correranno prima riducendo i costi necessari per portarli in pista. Il mercato di solito non premia i cavalli da distanza. Però tutto questo non vuol dire che i giapponesi non producano velocisti da Gr1, tutt’altro: ne producono eccome, perché le loro fattrici hanno classe e qualità. Quella classe, incrociata con stalloni da distanza, ci fornisce la prova che la velocità può ben derivare da cavalli ricchi di stamina, cosa di cui spesso gli allevatori e i proprietari non riescono ad accorgersi. Prendete la campionessa Gran Alegria: nasce da un vincitore della Triplice Corona Deep Impact, che ha vinto 7 Gruppi 1 da 2000 a 3200m. La madre ha vinto due Gr1 in America a 1600m ma è figlia di uno stallone da distanza, Tapit. Il risultato è che Gran Alegria ha vinto le Nakayama Sprinter Stakes di Gr1 a 1200m battendo i migliori velocisti maschi e altri sei Gr1 fino a 1600m, guadagnando 1 miliardo di Yen in carriera.
Il Giappone ha seguito per 50 anni, deliberatamente, una politica mirata ad allevare e a far correre i cavalli per selezionarne le qualità che preservassero la loro stamina e la loro sanità. L’ha fatto scegliendo determinate distanze delle corse ma anche pagando un premio a ogni cavallo che scende in pista: più a lungo un cavallo corre, più può guadagnare – anche se non si piazza. Si corre di solito su terreni duri e i regolamenti antidoping sono severissimi. E’ permesso allenare i cavalli solo e unicamente nei centri ufficiali: ogni cavallo ha un copertino numerato ogni volta che esce dal box, per far sì che ogni galoppo sia religiosamente cronometrato e registrato. Ogni informazione è pubblica, di modo che ogni appassionato che vuole scommettere ha a disposizione le stesse identiche informazioni in possesso dell’allenatore e del proprietario del cavallo. Semplicemente, l’ippica giapponese persegue la trasparenza radicale.
Ma il Giappone ha scelto, ancora deliberatamente, una seconda politica. Lo scommettitore viene prima di tutto.
Il mio amico Charles Faull, che si è speso per decenni a favore della sovranità dello Scommettitore, cita spesso il discorso fatto nel 1995 all’Asian Racing Conference (svoltasi proprio in Sudafrica). Parlò il CEO della Japan Racing Association, Masayuki Goto, deciso a spiegare la filosofia delle corse giapponesi: “Cerchiamo di guardare all’ippica come a un business che genera i suoi incassi partendo dagli appassionati delle corse. Loro sono i nostri consumatori. Da dove viene il montepremi? Viene dai consumatori che pagano. Ne consegue che, se vogliamo che il nostro business abbia successo, il nostro primo dovere è soddisfare gli appassionati ippici per fare in modo che continuino a venire alle corse” “E’ un diritto di quegli appassionati pretendere di essere considerati prima di chiunque altro.
Ogni altro attore deve venire dopo. Sono gli appassionati coloro che dobbiamo curare per sviluppare l’ippica. Non i proprietari. Non gli allevatori. Se non si ha successo coi consumatori, si finisce per fallire”. Il trasporto giapponese nei confronti dei clienti, degli appassionati, ha creato un livello di devozione dei fan dell’ippica paragonabile solo a quello che c’è a Hong Kong, che deve essere invidiato da quei Paesi in cui la passione ippica si sta dissolvendo. Ciascuna delle 7 grandi corse giapponesi, quei famosi Gr1 sulla distanza, attrae tra i 100.000 e i 150.000 e più spettatori.
L’impegno irriducibile dei giapponesi a seguire una filosofia condivisa e rivolta agli appassionati si specchia infine nella straordinaria fiducia che hanno nello sviluppo a lungo termine del loro allevamento e si salda al loro programma di corse. Allevare per correre. Correre per allevare. E’ allineato a questa filosofia il fatto che in Giappone le aste yearlings non siano la via maestra per vendere il prodotto d’allevamento. Là esistono giganteschi Sindacati che comprano direttamente negli allevamenti e poi suddividono la proprietà dei puledri in quote molto frazionate che vengono offerte agli appassionati a prezzi economici, fino a soli $1000 al mese per 10 mesi. Il sistema funziona perché in Giappone c’è uno stuolo di fans che non desiderano altro che partecipare di più alle corse, andando oltre la semplice puntata, diventando proprietari di un pezzettino di un cavallo in allenamento. La loro partecipazione viene stimolata! Infine i puledri possono restare negli allevamenti per tutto il tempo necessario a portare a compimento lo sviluppo delle loro capacità atletiche.
Focalizzandosi sul consumatore felice, il Giappone ha creato un’onda lunga di successo. Per lo sport. Per la qualità dei cavalli. Per la loro resistenza, per la loro robustezza. Ora queste qualità vengono mostrate a tutti, in quel tipico modo che usano i giapponesi: prima perfeziona il prodotto in casa, poi esportalo in tutto il mondo.
Si dice che il salto di qualità dei cavalli giapponesi origini da un solo cavallo: Sunday Silence, allevato in America dove fu Horse of the Year nel 1989 quando vinse il Kentucky Derby, le Preakness e la Breeders Cup. Sunday Silence era stato pagato solo $17,000 da yearling perché aveva appiombi approssimativi e una linea femminile con poco neretto. Ebbe però una carriera in corsa impeccabile, con 9 vittorie in 14 uscite e quasi $5 milioni vinti; un altro suo punto di forza era che il suo pedigree era stracolmo di influenze della scuderia Bieber-Jacobs sia nella parte paterna che in quella materna*.
Oggi possiamo capire perché quelle due caratteristiche lo rendevano il candidato perfetto per il Giappone. Il padre di Sunday Silence, Halo, corse 31 volte. Sua mamma Wishing Well poteva pure avere un pedigree plebeo, ma era anche lei una vera dura e vinse 12 delle 38 corse che fece nell’arco di 4 anni (incl. le Gamely Stakes che quell’anno erano un Gr2, ma poi diventarono un Gr1). Il padre di Halo, allevato da Bieber e Jacobs, era il campione Hail to Reason che vinse 9 delle 18 corse disputate a due anni! Hail To Reason era figlio di Nothirdchance (11 vittorie in 93 corse, fino a 8 anni di età), e Wishing Well nasceva da una cavalla che aveva fatto 87 corse ed era a sua volta figlia di Promised Land (21 vittorie in 77 corse) e nipote di Stymie (131 corse). Tutti cavalli lottatori, sanissimi, duri.
Gli allevatori americani si tennero fuori dalla sindacazione di Sunday Silence temendo che avrebbe prodotto cavalli rifiutati all’asta, come era successo a lui. Allora il giapponese Zenya Yoshida si assicurò il cavallo per la sua Shadai Farm, prendendo una decisione che avrebbe rivoluzionato l’allevamento giapponese ed era destinata a portare la famiglia Yoshida nell’olimpo dell’ippica. Sunday Silence è stato Champion Sire per 13 volte, ha prodotto 165 Stakes Winners e 41 vincitori di Gr1.
A lui è succeduto il suo miglior figlio, Deep Impact che è stato Champion Sire in ciascuna delle ultime 10 annate. Deep Impact ha prodotto finora 184 Stakes Winners e 53 Gr1 vincitori di Gr1. Si stima che più di metà degli Stakes Winners giapponesi degli ultimi anni discenda da Sunday Silence, il quale è nel pedigree di 12 dei 13 cavalli giapponesi che hanno vinto le corse di gruppo internazionali negli ultimi 4 mesi in USA, Hong Kong, Arabia Saudita e Dubai. L’influenza di Sunday Silence ormai è leggendaria in tutto il mondo.
* Isidor Bieber, proprietario, e Hirsch Jacobs, allenatore, formarono un team di eccezionale successo in America, dove ebbero cavalli del calibro di Stymie e Hail To Reason, famosi per la loro resistenza.
In chiusura, vorrei riassumere per punti i messaggi che possiamo imparare dai successi del Giappone:
- Il giro d’affari che sostiene il nostro Sport dipende dalla soddisfazione dei consumatori.
- Tutto il resto è secondario.
- La sanità dei cavalli, la loro robustezza, la loro stamina sono molto importanti per la razza.
- La programmazione delle corse deve riflettere il tipo di cavalli che davvero vogliamo creare.
- A lungo andare, allevare per vincere è molto più efficace che allevare per vendere.
- Solo una filosofia di lungo periodo condivisa da tutti crea una nazione ippicamente vincente
NOTA: L’articolo era pubblicato su un sito dove chiunque poteva scrivere la sua opinione. Un tale Michael Jacobs ha commentato: “Spero che chiunque è nell’establishment delle corse sudafricane – chi ci lavora, gli allenatori, gli allevatori, i proprietari, chi è coinvolto nelle associazioni che dirigono l’ippica, chi gestisce gli ippodromi, i giornalisti, la TV delle corse- leggerà attentamente questo articolo e soprattutto quanto disse il sig. Goto: che gli appassionati e gli scommettitori sono la linfa vitale dell’ippica, il principale portatore d’interesse dell’industria. I giapponesi stanno creando una tempesta sul mondo delle corse e il loro successo aumenta sempre, in allevamento, in pista e pure sul fronte del montepremi. Adesso è chiaro il perché; l’interesse dello scommettitore conta sul serio in Giappone, esattamente come a Hong Kong. Non l’interesse del proprietario, dell’allenatore, dell’allevatore, ma quello dello scommettitore! Se nessuno gioca, che bisogno c’è dei proprietari, degli allenatori, persino del totalizzatore? Questo articolo dovrebbe diventare una lettura obbligatoria per chiunque abbia interessi nell’industria delle corse, se davvero vogliamo che l’ippica sopravviva.
Le corse marciano spedite verso un futuro che assomiglia a quel passato remoto elitario fatto da un piccolo numero di ricchi proprietari, allevatori e allenatori che competono tra loro. A quello scenario si arriverà, se non viene presa una iniziativa drastica per porre lo scommettitore al centro della scena! Prendete esempio dall’industria dei casinò e incoronate re lo scommettitore, non l’allevatore, non chi gestisce gli ippodromi, non gli allenatori!
Prendetevi cura dei proprietari, certo, ma focalizzatevi sui clienti, sugli appassionati, su chi scommette. Quando loro torneranno a spendere, allora il nostro sport smetterà di augurarsi di sopravvivere, e prospererà”.