Idee stravaganti dall’Australia
Nel nostro continuo girovagare tra le mille notizie di internet abbiamo scovato un bell’articolo sulla “bibbia ippica”, il Racing Post, a firma Sam Walker, che riferiva di una voce circolante negli ambienti ippici australiani, i quali sarebbero propensi a porre un tetto ai concorrenti stranieri nelle future Melbourne Cup. Insomma per i down under gli esteri sono troppi e troppo agguerriti e visto che dal 2009 non vincono la “corsa che ferma una nazione” con un cavallo allevato in casa, l’idea sarebbe quella di fregarsene della globalizzazione, del libero mercato e del confronto tra ippiche differenti a tutto vantaggio del protezionismo più puro, senza pensare che molto del successo della corsa deriva proprio dalla presenza di protagonisti provenienti da fuori.
Viene da sorridere a pensare che nell’ultima edizione della Cup si sia affermato un tedesco, figlio del grandissimo stallone teutonico Monsun, che risponde all’evocativo nome di Protectionist, una sconfitta davvero beffarda per gli Aussie.
Le ragioni portate a supporto di tale richiesta anacronistica è che gli appassionati non avrebbe dimestichezza con cavalli provenienti da oltreoceano, sinceramente una motivazione piuttosto blanda e stravagante.
La verità è che per anni in Australia si è privilegiato doti quali precocità e velocità, ovviamente a scapito della formazione di stayer di livello e ora se ne pagano le conseguenze. Le scelte di indirizzo fatte in passato non possono che riflettersi sul futuro e cercare artificialmente di metterci una pezza non serve.
Il parallelismo con la situazione italiana è davvero singolare, pur in contesti profondamente differenti anche qui da noi si è deciso di puntare sulla creazione di cavalli in grado di essere competitivi fin dai due anni e la programmazione – o meglio quell’accozzaglia di idee slegate tra loro che in Italia ci ostiniamo a chiamare calendario – ha seguito questo indirizzo, esempi ne sono il Derby accorciato di un furlong, le dotazioni delle corse per stayer tagliate con la scure, alcuni handicap principali ridotti nella distanza, totale assenza di un mini circuito di condizionate per stayer. Tutto questo ha portato alla sparizione della categoria degli stayer in Italia, prova ne è la totale assenza tricolore nella prova principale per stayer in Italia il St. Leger, che da anni vede trionfare cavalli stranieri.
Come nel caso australiano, anche in Italia se si volesse invertire la tendenza (dubitiamo sia nelle intenzioni), ci vorrebbe almeno un decennio di sforzi e investimenti, certamente più facile è acquistare buoni cavalli dall’estero e farli correre nella corsa principale come avviene da alcuni anni per la Melbourne Cup, mentre da noi si preferisce far finta di niente e catalogare come inutili vecchie le corse sopra i 2.400 lasciando agli esteri il campo libero.
Il rammarico più grande è che scelte di questo genere non solo impoveriscono fortemente la qualità delle nostre competizioni ma inoltre non aiutano la selezione, che da che mondo è mondo viene fatta sulle distanze classiche, dai 2.400 in su.
Oppure potremmo pensare di contingentare anche noi tali corse, magari basterebbe smettere di pagare i premi, come dite, è già stato fatto?
Antonio Viani@AntonioViani75