L’estero, tra mito e realtà. Idee radicate e cambiamenti necessari.
27 ottobre 2018, sono tornato da poche ore da Doncaster dove si svolgevano le Autumn HIT & Yearling Sale 2018 di Goffs.
Giornate divertenti, accompagnate da vecchie e nuove amicizie, e da grande ospitalità della casa d’asta in primis e del suo responsabile per l’Italia, Gianluca di Castelnuovo.
Quando si viaggia, si conosce l’altrui modo di lavorare e viene automatico fare considerazioni e confronti con quanto accade da noi:
Ospitalità.
Di fondamentale importanza in un ambiente in cui il motore è l’entusiasmo! Ospitalità, nei modi ovviamente, ma anche economica. Infatti, oltre al rimborso del viaggio in aereo (200 sterline forfettario) per alcuni operatori o professionisti anche soggiorno gratuito in hotel a 5 stelle per tutta la durata dell’evento.
Location.
Doncaster non è enorme (se paragonata a Goffs Irlanda o Tattersalls a newmarket ) ma un gioiellino per ordine, pulizia, organizzazione e accoglienza.
Sarebbe, in realtà, una dimensione perfetta per il nostro paese, ma da noi non si è mai speso un centesimo per la location, improvvisata ogni volta e nel peggiore dei modi!
Bonus.
Sfogliando il libretto salta all’occhio che in alto a destra, in pratica dove noi tutti facciamo un’orecchietta, c’è il più delle volte un +10, che indica che quel lotto ha un bonus di 10.000 sterline a supplementare (per alcune corse) il premio, sponsorizzate da EFTBA. Se si compra per l’italia serve a poco, ma immaginate voi che incentivo per i compratori!
Qualità.
Quella salta subito all’occhio: prezzo, carta e morfologia proposta sicuramente di gran lunga migliore di quella vista e proposta nel nostro paese.
La domanda che sorge spontanea è come mai? Perché li regalano? Dov’è la truffa?
Non c’è truffa, è il mercato che detta le regole!
Tra UK e IRE si producono più o meno 14000 cavalli ogni anno e a loro ne servono più o meno 5.000 (invero almeno il 50% in più, ndr). Pertanto il surplus poi deve essere “smaltito” in modo da non intasare il sistema. Va considerato poi che l’allevatore ragiona in maniera totalmente diversa che nel nostro paese, cioè per produzione annuale e non per lotti prodotti, cioè venderà i diversi puledri a prezzi diversi in base al calibro ma comunque cercherà di venderli entro fine stagione, perché il risultato finale è quello che conta, ovvero l’aver venduto tutto ed l’aver incassato il massimo possibile.
In italia questo accade meno soprattutto perché non vi sono grandi allevamenti. Gli agricoltori hanno poche fattrici e ragionare da imprenditori non è facile. Succede però che il mercato a cui si vende è lo stesso sia per gli imprenditori esteri che nostrani e i clienti scelgono sempre il miglior rapporto prezzo qualità. Qualcuno dirà che gli importati non sono campioni e ci mancherebbe visto che il prezzo medio di acquisto degli italiani è di 3000 sterline, per dei routinier un affare. Se poi esce uno buono, magari vai nel Gran Criterium!
Giandomenico Aramini
Come dico sempre, il confronto è la strada per migliorare. Questo blog è da sempre aperto a tutti coloro che vogliono discutere di ippica, anche, anzi soprattutto, se come in questo caso, portano idee anche opposte a quelle che sosteniamo.
Sono quindi felice che Giandomenico abbia accettato il mio invito a pubblicare le sue considerazioni sulla sua visita a un’asta estera. Essendo da anni nel settore come allevatore e proprietario, il suo è un punto di vista utile ad approfondire alcune tematiche fondamentali. Seguiamo i suoi punti e facciamo un confronto con la nostra situazione nazionale.
Ospitalità, Location e Bonus.
Siamo sinceri, La Maura non è la sede ideale per delle aste “serie”, troppi servizi non sono a livello adeguato. Inoltre vi è un senso di precarietà che non aiuta nelle vendite. Lo dissi già in un video post-aste, il centro Etrea di Busto Arsizio, dove si tengono le aste del trotto di ITS, al confronto, pare un paradiso per servizi ai cavalli e ai clienti.
Sulla ospitalità invece non credo che le nostre aste siano peggio di quelle estere, anche qui esistono varie facilitazioni per chi arriva dall’estero per acquistare.
A mio modo di vedere è piuttosto l’attenzione al venditore e al potenziale acquirente italiano che va migliorata. L’obiettivo di medio periodo deve essere far tornare in asta quegli allevatori che hanno abbandonato la soluzione aste italiane, sia perché vendono all’estero (soluzione scelta anche da membri del consiglio della stessa associazione di gestione, cosa che non porta valore aggiunto all’asta, anzi) sia perché hanno scelto la strada della vendita privata.
Il Bonus ovviamente è un aiuto, ma se pensiamo a quanto scarso sia stato l’impatto sui prezzi di vendita del Bonus Sire (in percentuale sul prezzo di vendita medio era davvero un gran contributo) mi viene da pensare che funzioni solo se legato ad altre leve fondamentali, cioè una promozione, una presentazione e una pubblicità davvero efficaci dei prodotti offerti.
In estrema sintesi, una concreta professionalità vale più di un potenziale bonus.
Qualità.
Questo è da sempre l’argomento centrale e sono contento lo abbia introdotto un forte sostenitore dell’acquisto estero, come Giandomenico.
Innanzitutto, Gian comincia parlando di qualità e conclude riferendosi al circuito dei routinier. Due aspetti che sono in totale antitesi. Se parliamo di qualità, sono anni che le statistiche reali ci dicono che i prodotti italiani sono meglio degli importati in tutte quelle corse minimamente qualitative, addirittura già a partire dai premi da 8.800 euro.
La cosa è pure scontata visto che i nostri acquisti, come riconosce lo stesso Aramini, sono per la grande maggioranza di livello molto inferiore al prezzo medio o mediano delle aste in cui sono stati acquistati, dunque prendiamo veramente i rimasugli o quasi del mercato europeo e infatti i risultati (medi) in pista ce lo confermano.
I 14.000 nati sono una “trappola”, perché il nostro budget risicato fa sì che il nostro bacino, cioè i cavalli che possiamo potenzialmente comprare, non siano tutti i 14.000, ma sia ridotto a qualche migliaio al massimo e anche qui ci scontriamo con una concorrenza agguerrita.
Ovviamente tra varie centinaia di arrivi ci saranno sempre ottime eccezioni, ma, appunto, si tratta di eccezioni che non influenzano la media.
Il vero problema quindi non è la reale validità in pista del prodotto italiano, che, mi ripeto, il campo ci dice essere migliore del suo concorrente estero, ma piuttosto la percezione che se ne ha.
Per fare una similitudine spicciola, se io non voglio mangiare una mela, perché la ritengo intrinsecamente meno buona di una arancia, possono farmela pagare anche la metà o meno ma la vedrò sempre come una scelta di ripiego e appena potrò sceglierò l’arancia, anche se magari questa è pure ammaccata. Questo ragionamento avviene anche con i nostri puledri italiani rispetto agli importati.
E allora che fare?
La ricetta è in parte quanto già detto, ovvero: promozione, pubblicità, idee e trasparenza.
Solo presentando in maniera continua e con estrema puntualità i risultati ottenuti è possibile cambiare una mentalità così radicata. Non basta fare promozione una volta ogni tanto. La pubblicità deve raggiungere soprattutto chi ancora non è convinto, concetto banale ma che finora non è stata mai applicato. La trasparenza serve a togliere di mezzo il pregiudizio, che spesso ha un fondamento di ragione, che vuole i migliori puledri italiani non passare alle nostre aste e infine le idee devono rendere ancora più appetibile il prodotto italiano, ad esempio allargando il numero di corse con il premio aggiunto e quindi rendendo più competitivo il segmento di basso livello nostrano.
Un lavoro lungo e difficile, i cui frutti saranno visti solo nel medio periodo, ma che a mio parere va iniziato quanto prima se davvero vogliamo fornire ai nostri allevatori uno sbocco serio e competitivo per i loro puledri. Ancora grazie a Gian per il suo contributo e un invito a tutti voi a fornirci spunti ulteriori di discussione su questo e su altri argomenti ippici.
Antonio Viani@DerbyWinnerblog