Il Milano a 3.000 metri? Ma anche no!
Una modifica nella programmazione d’élite è argomento troppo importante per non dibatterlo a fondo, ragionando su tutte le implicazioni che comporta.
Settimana scorsa sul Trotto & Turf è uscito un articolo, firmato da Mario Berardelli, dove si perorava il ritorno a un Gran Premio di Milano sulla distanza dei 3.000 metri e con un montepremi maggiorato fino a 300 o 400mila euro.
Ipotesi già portata avanti, come ha riferito l’autore, da Pio Bruni e Franco Castelfranchi nel recente passato.
Siccome su questo blog avevo già affrontato, seppur per altri motivi, il tema del Milano (leggi QUI) e visto che ritengo l’argomento della programmazione d’élite basilare per il nostro futuro, ho ritenuto che fosse doverosa una mia risposta sul giornale.
Risposta necessaria a mettere in luce i motivi per il quale una simile idea fosse oggi sbagliata e che soprattutto l’approccio mentale con il quale si era arrivati a questa proposta fosse troppo superficiale e mancante di una serie di valutazioni fondamentali.
Qui di seguito vi riporto il pezzo pubblicato oggi sul T&T, che ringrazio.
Milano a 3.000 metri. I motivi per il no…
Motivazione ECONOMICA
a) Partiamo dal dato di oggi, il Gp di Milano ha una dotazione di € 202.400, a cui si è giunti grazie alle scelte scriteriate che il Ministero e i suoi consulenti, più o meno occulti, portano avanti da tempo, prima fra tutte quella di non diminuire le giornate di corse per liberare risorse.
Quindi, chi parla con facilità di soldi da aggiungere dovrebbe innanzitutto porsi la fondamentale domanda sul come e dove recuperarli.
b) Se avessimo davvero 100 o addirittura 200mila euro da poter mettere sul piatto il problema sarebbe già risolto in partenza e senza dover cambiare distanze.
Con 400.000 euro al palo fidatevi che il Gr2 sarebbe salvo di suo e forse ci sarebbero anche possibilità di un suo ritorno, nel giro di qualche anno, a Gr1. Anche perché avrebbe lo stesso montepremi del ricordato Prix de Saint-Cloud (attenzione, la prova francese è per 4 anni e oltre quindi non è proprio uguale al Milano, evitiamo dunque paragoni in parte ingannevoli).
Questo a patto che i soldi in palio siano “veri” e pagati nei tempi normali, altrimenti è inutile qualsiasi ragionamento.
Motivazione TECNICA
a) Il problema, analizzando a fondo e non fermandosi in superficie, è però ben oltre quello economico, perché gli esteri non scendono in Italia non solo per questioni di vile pecunia, ma perché ritengono molte delle nostre corse poco qualificanti.
Quante volte abbiamo sentito parlare di Gruppo “Italiano” come se fosse qualcosa di inferiore qualitativamente alla medesima corsa di Gruppo estera?
La questione che le nostre corse di selezione siano valutate inferiori è una complicazione attinente, purtroppo, alla valutazione che viene data all’estero della qualità media dei cavalli italiani.
Impossibile pensare di mantenere lo status nel lungo periodo senza un valido apporto dei nostri portacolori e puntando invece solo sul denaro al palo e sull’arrivo degli invader.
b) Premesso il punto precedente, è in ogni caso folle dal punto di vista tecnico pensare di allungare il Milano a 3.000 metri senza apportare alcuna modifica al programma di selezione.
Attraverso quali corse prepareremmo questo nuovo Milano? Forse con un Derby a 2200, che sembra sempre più terreno di caccia per i miler “allungati”? Oppure con l’Italia a 2400 metri e per di più solo Listed? Basterebbe la sola Coppa D’Oro, Listed e solo per anziani?
In buona sostanza, dove “troviamo” i metri mancanti per arrivare a 3.000?
Chi propone questa modifica è a conoscenza che di prove di Gruppo sopra i 2400 in Italia ne esiste oggi solamente una, cioè il St Leger a 2800 in autunno? Ci rendiamo conto che abbiamo, oggi, un programma selettivo che al massimo arriva a 2400, tranne sparute eccezioni?
Dunque, se proprio Milano a 3.000 deve essere, allora bisogna che il Derby sia a 2400 (scelta da attuare a prescindere!) e va trovata una prova milanese, con minimo lo status di Listed, che arrivi almeno a 2800 per anche i tre anni.
A meno che non torni in voga la scelta di far diventare il Milano un confronto per soli 4 anni e oltre, esperimento fortunatamente già miseramente fallito.
Senza contare che sia Roma sia Milano dovrebbero creare ex novo un programma per stayer che funga da percorso di avvicinamento e da fondamenta per sviluppare un vero parco cavalli da distanza.
Senza attuare tutto questo, cioè una rivoluzione del programma di vertice, avremmo un Milano che sarebbe totalmente slegato dal programma nazionale e che diventerebbe come il nostro St Leger, cioè una prova dove si fa enorme fatica a schierare 2 o 3 concorrenti italiani.
c) Pur consci del lodevole tentativo europeo di non disperdere il patrimonio delle prove per stayer, non possiamo ignorare che l’allevamento va in tutt’altra direzione e predilige come razzatori cavalli che al più arrivano alla distanza classica e sempre più vediamo richiesti stalloni da miglio o anche meno.
Andare così tanto contro corrente andrebbe prima valutato molto attentamente. Modificare indirizzo a un intero programma o quasi, perché questo va fatto se vogliamo agire seriamente, potrebbe costarci molto caro negli anni futuri.
Siamo pronti a tutto questo? E, soprattutto, ne vale la pena o ci sono interventi molto più urgenti?
Antonio Viani
Proprietario, Allevatore e “incidentalmente” Blogger.
6 giugno 2018 alle 10:15
Se si vuole fare accademia…….è un discorso….se ci si vuole adeguare al contesto pir con le implicazioni dovute a qualche iniziale segnale di alterazioni delle facoltà mentali dovute all’età….è altro. Esasperando i concetti allo stesso modo e prendendo in esame le attuali tendenze dovremmo invece proporre le prime corse dei due anni a Marzo e con moneta superiore, troveremo comunque qualche cliente e nel contempo daremo anche una mano ai Veterinari, categoria della quale poco ci si è occupati.
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7 giugno 2018 alle 8:55
Il problema è che anche le famose “parole in libertà” hanno un peso. Non si può lanciare simili proposte solo per vedere l’effetto che fa… mettiamo che non avessi risposto e non si fosse sollevato il bel dibattito che ne è scaturito, cosa si sarebbe fatto dopo? Avremmo davvero portato avanti una simile proposta completamente slegata dal contesto? Spero sinceramente di no, ma ho invece il sospetto che la non risposta sarebbe stata presa come un silenzio-assenso… insomma come diceva Nanni Moretti: le parole sono importanti!
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