San Siro e quella sua aria affascinante!
L’ippodromo di San Siro ha, nel panorama nazionale, un fascino differente. Se, ancora oggi, si riesce ad avvertire un’aria diversa cosa bisogna fare per non disperdere un simile patrimonio e renderlo un faro per l’ippica?
Sabato scorso ero a pranzo al ristorante dell’ippodromo di San Siro con amici ippici vecchi e nuovi e proprio uno di questi ultimi ha fatto una giusta considerazione, che io, da anni nel settore, avevo oramai data per scontata e diciamo che ne avevo perso la portata e la centralità.
Bene, il mio nuovo amico, neo proprietario, mi ha detto:
“Venire qua a Milano con un tuo cavallo è diverso, rispetto ad andare a vedere lo stesso cavallo, nella medesima corsa, in un qualsiasi altro ippodromo italiano.
Qui (e con il dito indice picchiettava sul tavolo per rafforzare il suo concetto, ndr) è la vera ippica. Non si scappa. E non parlo solo di qualità, quella certo, ma mi riferisco in maniera speciale a tutto il resto, a quell’aria che si respira solo qui.
È difficile da spiegare a parole, per uno come me che viene da fuori cosa voglia dire avere un cavallo in corsa a San Siro, avere un purosangue in grado di competere e magari vincere. Una sensazione unica”.
Questa che vi ho riportato è una delle frasi più belle che ho sentito dal vivo sull’ippica, andrebbe incisa su una targa all’entrata dell’ippodromo milanese.
Non è solo bella, è vera, l’assuefazione che porta con sé la consuetudine, mi aveva fatto in parte dimenticare il sapore che aveva per me agli esordi, entrare all’ippodromo di San Siro e l’emozione che provai la prima volta che un mio cavallo debuttò sulla pista verde più bella e selettiva del mondo o quasi.
Se vogliamo salvarci e tornare ad avere un futuro dobbiamo certamente sistemare le questioni economiche come la sostenibilità del settore, la riforma delle scommesse (inderogabile) e il ritorno ad incentivare l’allevamento nostrano, ma dobbiamo anche tornare a respirare quell’aria differente di cui si parlava sopra.
Il vero nemico dell’ippica, quello che ha fatto più danni, è stata la routine.
Quella idea che correre a Milano sia lo stesso che farlo a Firenze o Napoli (con tutto il rispetto per queste piazze).
Dobbiamo tornare a far sì che correre a Milano sia una sorta di punto di arrivo, un desiderio per tutti gli appassionati ippici e anche per gli operatori.
Oggi è innegabile che questo spirito si sia in parte perso. Non solo per colpa dell’ippici, purtroppo sono mutate le condizioni generali e forse gli anni di vacche grasse hanno contribuito a smarrire determinati valori e idee che avevano tenuto sulla breccia il settore per decenni.
Oggi dobbiamo tornare a rendere unico il nostro sport e in particolare i palcoscenici dove l’ippica si mostra al pubblico.
Milano è già oggi vista come un qualcosa di differente dagli altri ippodromi e ce lo dice proprio la frase sopra riportata, ma può e deve fare molto di più.
Non basta sedersi sugli allori, si deve rendere ancora più bello e fruibile l’ippodromo, creando maggiori zone di divertimento e di socialità, che oggi sono davvero ridotte al lumicino.
Vi pare possibile, lo ripeto da anni, che l’unico ristorante presente non abbia l’affaccio sulla pista o almeno sul tondino di presentazione? Vi sembra degno di un ippodromo metropolitano che al bar della palazzina del peso se chiedi un cocktail facciano fatica a portarti assieme due patatine e qualche stuzzichino? Questi sono solo due esempi, ne potremmo aggiungere decine.
Ma non solo, perché se un nostro nemico è la routine ed è così, allora non possiamo più pensare che Milano programmi ancora oggi più o meno una settantina di giornate, è semplicemente anacronistico.
Non abbiamo più cavalli per riempire adeguatamente tali convegni, ma soprattutto se vogliamo che Milano sia un ippodromo vetrina dobbiamo per forza ridurre il numero dei convegni concentrando le risorse per rendere le giornate di Milano uniche nel panorama nazionale.
Sarà un caso che ad Ascot programmano meno di trenta giornate all’anno? Ovvio che i contesti siano differenti e che in Inghilterra abbiano molti più ippodromi da far lavorare, ma se vogliamo davvero dare valore alle parole cambiamento e miglioramento è necessario che a Milano non si programmino più di una cinquantina giornate.
In conclusione per non disperdere quell’aria differente che tanto affascina ancora oggi chi entra a San Siro è necessario ripensare e adeguare l’ippodromo e tutta l’ippica al contesto attuale.
Certamente ci vogliono investimenti e dunque soldi (ma non per tutti gli interventi e forse neppure così tanti), ma soprattutto ci vogliono idee e senza queste, puoi pure avere tutti i soldi del mondo, ma fai fatica ad andare avanti…
Antonio Viani@DerbyWinnerblog