Cambiamo modo di pensare!
“Dobbiamo pensare in modo diverso. Lo volete capire che siamo l’ultimo cane che arriva alla ciotola? Sapete che succede al più piccolo della cucciolata? Che crepa”.
Se siete amanti di cinema e in particolare di film di ambientazione sportiva avete già capito la pellicola da cui è tratta questa battuta.
Parliamo di Moneyball (in italiano L’arte di vincere), il film sulla storia, vera, di un manager di baseball, Billy Beane (interpretato da Brad Pitt) degli Oakland Athletics che stufo di non poter competere in campo contro gli squadroni infinitamente superiori economicamente alla sua squadra, decide di cambiare radicalmente il suo modo di approcciarsi al gioco e di acquistare giocatori seguendo uno schema logico totalmente differente che scopre grazie all’incontro con Peter Brand (Jonah Hill), un giovane laureato in economia a Yale con idee radicali sul come valutare un giocatore di baseball.
La loro rivoluzione avrà talmente successo che non solo la loro squadra avrà successo ma gli stessi grandi team, come i Boston Red Sox, copieranno il suo metodo e vinceranno le World Series.
Tranquilli, non voglio iniziare una rubrica di critica cinematografica qui su DerbyWinner, ho scelta la frase perché è perfetta per il nostro mondo.
La nostra ippica italiana è come gli Oakland Athletics di Moneyball, per inciso Beane nel film sintetizza a inizio stagione il problema della sua squadra, prima che avvenisse la rivoluzione di cui sopra, con una frase favolosa che qui vi riporto: “Il problema che cerchiamo di risolvere è che ci sono squadre ricche e ci sono squadre povere, poi ci sono venti metri di merda e poi ci siamo noi”.
Il nostro settore è davvero il cucciolo più piccolo, deve confrontarsi dal punto di vista tecnico con ippiche straniere molto più forti economicamente della nostra e con le quali non potremo mai competere se continueremo a lavorare seguendo i loro stessi schemi mentali. Idem dal lato economico e di sostenibilità si potrebbe utilizzare questo ragionamento pensando a come l’ippica sia perdente sempre rispetto a giochi più semplici e di facile impatto.
Il rischio concreto è di fare la stessa fine del cane che arriva ultimo alla ciotola, cioè morire.
L’ippica ha però un vantaggio fondamentale rispetto a Beane e agli Athletics del film, loro hanno dovuto inventarsi e provare sulla loro pelle un nuovo metodo, mentre l’ippica ha il privilegio che la grande maggioranza delle risposte e delle strategie che cerca già esistono e possono essere trasportate e replicate con intelligenza, non copiate passivamente, qui da noi.
“…Copiamo (con intelligenza) da chi ha già avuto successo…”
Qualche esempio?
Dal lato tecnico è quasi facile, vediamo cosa fanno paesi che come noi non hanno risorse enormi da cui attingere.
Prendiamo la Germania, ad esempio, che da anni ha intrapreso la via della specializzazione verso un certo tipo di prodotto, più classico e meno precoce (in linea generale ovvio), una nicchia tutto sommato meno protetta dai colossi e dal mercato stesso. In questa opera sono stati indubbiamente aiutati da un ente gestore che ha sostenuto questa decisione con una programmazione ad hoc.
Inoltre capendo di non poter permettersi investimenti esteri annuali enormi per far coprire le loro fattrici hanno deciso di sviluppare internamente un loro book stalloniero autonomo. Non vogliamo arrivare alle punte segnate da Monsun ma credete che senza un appoggio di tutto il sistema sarebbe stato possibile avere i vari Soldier Hollow, Dabirsim, Pastorius, Maxios che tanto bene stanno facendo in pista e in asta, ma lo stesso si potrebbe dire a livello più basso per i vari Areion, Wiener Walzer, Adlerflug eccetera?
Ovvio che in questi ambiti ci sono stati e ci saranno ancora degli errori ma l’indirizzo scelto è quello giusto, si è scelto di trovare una nuova via per far fronte a una concorrenza che altrimenti li avrebbe schiacciati e hanno avuto ragione loro.
Anche noi dobbiamo cercare la nostra Italian Way, magari poco battuta da altri concorrenti così da poter aver un vantaggio iniziale da sfruttare.
Ragioniamo in maniera diversa dai grandi colossi e cerchiamo di capire quali siano le caratteristiche vincenti che vogliamo ricercare.
“…Meno ippodromi in attività? No, anzi, aumentiamoli…”
Anche sulla questione programmazione dobbiamo cambiare totalmente mentalità. Continuo a sentire in giro che il problema sono gli ippodromi che sono troppi e che dovrebbero essere molti meno.
Il problema è posto in maniera sbagliata.
Non è vero che ci sono troppi ippodromi, anzi se fossero il 50% in più non avremmo una situazione peggiore, anzi, da un certo lato sarebbe ancora meglio.
Follia? No, perché il vero problema non è la quantità di ippodromi, ma il fatto che organizzino troppe giornate. Due aspetti con soggetto identico ma che sono radicalmente opposti.
Gli ippodromi sono, in molti casi non tutti sia chiaro, un presidio di cultura ippica. Creano passione, proviamo a pensare in quanti si sono innamorati dello sport perché magari sono stati portati da giovani una domenica al campo e sono rimasti folgorati dalla bellezza dell’ambiente e dal fascino delle corse. In quanti invece si sono innamorati vedendo le corse in TV? Qualcuno ci sarà sicuro, ma certamente non sono la maggioranza.
Dunque viva gli ippodromi, che ne aprano pure altri, ma riduciamo le giornate. Prima che i gestori di ippodromi mi portino in trionfo li stoppo subito dicendo che non sarà un gioco a somma zero, perché alla fine il numero di convegni totali per anno dovrà essere per forza minore al numero attuale.
Diamo la possibilità a più gente nuova possibile di vedere il nostro sport, solo così potranno appassionarsi, ma riduciamo i convegni inutili quelli che fanno solo perdere soldi e qualità al nostro movimento. Se a Siena esiste un ippodromo perché non farci un paio di giornate promozionali ben posizionate in calendario? Ovvio che si debbano rispettare i requisiti necessari affinché il meeting sia equiparabile agli altri già esistenti, ma davvero crediamo che sia meglio l’immagine desolante di un ippodromo senza spettatori rispetto a un ippodromo di provincia, agreste finché volete, ma con la gente che si accalca allo steccato? Idem per altre situazioni, penso a Montechiarugolo al trotto, ma ce ne sono tante altre.
Se si approccia in maniera differente il problema si capisce che gli ippodromi in sé sono una risorsa e non un problema, il problema è la loro gestione che tende a enfatizzare le loro debolezze invece di evidenziare gli aspetti positivi.
“…Avanti, senza paura…”
Questi sono solo pochi esempi di come noi si debba cambiare mentalità.
A fare sempre lo stesso ragionamento si ottengono risultati identici, quindi anche dal lato del sostentamento economico dobbiamo ragionare diversamente.
Lo accenniamo solo, perché ci vorrebbero troppe righe solo per scalfirne la superficie, ma se pensiamo di fare concorrenza ai giochi più in voga giocando sul loro terreno saremo sempre perdenti mentre dobbiamo valorizzare le nostre peculiarità e renderle attrattive al grande pubblico. Non è facile, la concorrenza è tanta, ma fidatevi che l’ippica ha le possibilità per tornare a fare fatturato con le scommesse.
Perché non provare? Abbiamo una situazione così florida da poter rischiare realmente di perderci da un cambiamento di mentalità?
No. Quindi, avanti senza paura, pensiamo in modo diverso!
Antonio Viani@DerbyWinnerblog
27 ottobre 2016 alle 20:16
Due commenti:
1. Condivido la ricerca di un punto di differenza nell’allevamento italiano. L’allevamento tedesco è riuscito a creare un “posizionamento” particolare nel mercato mondiale del purosangue. La BBAG est in forte crescita e attira clienti da tutte le parte del mondo. L’Australia acquista cavalli in Germania (e allena anche in Germania) con stamina per le ricche corse intorno al Melbourne Cup, perché il loro allevamento a preso la strada dei velocisti con successo.
L’orientamento di un allevamento nazionale e un esercizio a lungo termine, pero i risultati non se vedono prima di 10, 15 anni!
Il nuovo organismo che avrà il compito di gestire l’ippica sarà obbligato di scegliere il modello per dare un posizionamento all’allevamento in Italia.
2. Il numero degli ippodromi non è una variabile indipendente nella gestione di un sistema ippica.
Nei ultimi dieci anni il parco cavalli nel galoppo e passata da 6.853 a 3.780 e nel trotto da 11.913 a 6.289 con praticamente il stesso numero d’ippodromi.
Se non ce una politica di rilancio dell’ippica in Italia con un parco di cavalli in crescita, nessuno investirà nella costruzione di un ippodromo.
Nel breve conviene di ridurre il numero delle corse per aumentare i numeri di partenti e il montepremi per corsa, aumentare il numero delle corse per giornata (al meno 8 corse per giornata) in modo da creare le condizioni di una redditività sufficiente per l’organizzazione delle corse.
Inevitabilmente ci saranno meno giornate disponibile per gli ippodromi esistenti. Già oggi diversi ippodromi non sono usati a piena capacita e hanno un bisogno enorme di miglioramento delle strutture. Un aumento degli ippodromi nella situazione attuale sarebbe una catastrofe economica.
Mi sembra di mettere il carro davanti ai buoi.
Christian WALTER
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28 ottobre 2016 alle 9:48
Grazie ancora Christian delle tue osservazioni.
Rispondo solo alle seconda perché sulla prima sei d’accordo con quanto scrivo.
Tutti d’accordo sulla riduzione di giornate? Sì tutti, tranne gli ippodromi, primo ostacolo…
Il ragionamento però è mal posto.
Noi, prima di tutto, dobbiamo pensare a quali siano le migliori scelte da fare per massimizzare la vendita del nostro prodotto e il miglioramento tecnico delle nostre corse.
Tutti dicono, e in parte lo fai pure tu con il tuo ragionamento, che ci sono troppi ippodromi che infatti non sono usati a piena capacità, secondo il tuo parere.
Il problema però non sono gli ippodromi in sé come strutture, ma le giornate che questi fanno che sono esageratamente di più rispetto al parco cavalli esistente e alle necessità economiche della nostra ippica.
Quindi prima di tutto vediamo di trovare il numero giusto di corse e di convegni – meno convegni e più corse per convegno dovrebbe essere il mantra – e poi vediamo dove allocarli, questo è un modo di pensare davvero differente, oggi invece pensiamo a quante corse debba fare Roma, Milano, Pisa ecc. e solo dopo le smistiamo nel calendario… cioè pensiamo all’esatto opposto e sai perché?
Perché pensiamo che gli ippodromi siano centrali nel sistema, ed è un errore perché così non è, finora l’unica centralità che hanno avuto è stata nell’ottenere risorse, un filo troppo, no?
Se esistesse un ippodromo (ho fatto l’esempio di Siena ma puoi benissimo cambiarlo con chi vuoi) che rispecchia i requisiti necessari per fare qualche giornata (ovvio che possono essere da 1 a 4, non certo una dozzina) e magari è situato in una zona strategica perché non dovremmo farlo partecipare? Sfruttando l’effetto novità avremmo certamente tribune più gremite rispetto a certi infrasettimanali metropolitani nei quali senti l’eco delle tua voce… se invece non possiamo farlo perché andiamo contro l’interesse di alcuni ippodromi allora vedi tu stesso che siamo di fronte a un grande problema…
Purtroppo gli ippodromi sono gestiti con la stessa mentalità da decenni e infatti ripetono gli stessi comportamenti ottenendo gli stessi (pessimi) risultati.
Siamo sicuri che Roma o Milano se riducessero del 20% le loro giornate e magari le concentrassero in più meeting staccati tra loro ne avrebbero a perdere? Avrebbero la possibilità di impiegare il loro spazio (enorme) per mille altre attività, forse più lucrative di tante giornate infrasettimanali senza capo né coda… D’altronde questo modo di operare lo fanno già in tutto il mondo, dall’Inghilterra in poi… così difficile copiare dai migliori???
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28 ottobre 2016 alle 9:44
Inviato dal mio dispositivo Huawei
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28 ottobre 2016 alle 10:23
Giovanni, scusa ma non hai inviato alcun commento.
Prova a vedere se è rimasto nello smartphone. Ciao.
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