Arrivano le aste ma l’allevamento italiano come sta?
Ancora poche ore e si ripeterà il massimo rito pagano per noi ippici, ovvero si riapriranno le porte di Settimo Milanese per le attese aste SGA. Due giorni intensi di licitazioni con un prologo, oggi 15 settembre dalle ore 14.30, dato dal dispersal SIBA e successivamente da un’asta mista con cavalli in allenamento e fattrici, in tutto cinquanta lotti, fatti salvi eventuali ritiri.
Il giorno successivo arriva il clou, la tradizionale asta selezionata yearling. Si rinnoverà ancora una volta quel grande gioco che vede gli allevatori alla prova del mercato. Allevatori a cui andrebbe fatto un monumento, non tanto per la loro bravura, sia chiaro è una dote di cui sono provvisti e pure in maniera cospicua ma qui non c’entra, un monumento lo meritano per la loro forza di volontà, il voler andare avanti nonostante le mille difficoltà e ostacoli che giornalmente lo Stato Italiano mette sul loro cammino. Sfidiamo qualunque allevatore estero a sopportare per tanti anni una classe dirigente totalmente incapace e deleteria come quella che gli ippici di casa nostra hanno dovuto subire, siamo certi che all’estero avrebbero alzato bandiera bianca molto prima di noi.
Ebbene visto il periodo che sta vivendo l’ippica italiana, diciamo critico e siamo benevoli, ancora una volta gli allevatori ci hanno sorpreso in positivo, infatti il numero raggiunto dagli iscritti è davvero notevole, ben 116 puledri, basti solo il raffronto con lo scorso anno dove furono 73 gli iscritti. Dal lato quantitativo dunque l’aumento è significativo e sfiora il 60%.
Anche dal punto di vista qualitativo non possiamo lamentarci. L’Italia è ormai diventata una lontana provincia dell’impero globale ippico e dunque non possiamo pensare che il book sia paragonabile a quello estero ma, nonostante ciò, il catalogo non è per nulla disprezzabile. Alcuni stalloni di punta a livello europeo sono rappresentati, vedi Sea The Stars – padre della puledra top price alle ultime aste di Baden-Baden (leggi QUI) –presente a Settimo con un puledro allevato dalla Deni (lotto n. 13) che tramite la mamma Mooney Ridge, è strettamente legato alla stratosferica famiglia di Holy Moon, parliamo di campionesse quali Charity Line, Final Score, Cherry Collect e Wordless, inoltre è anche fratellastro di Troublemaker, curiosamente presente anche lui a Settimo, ma il giorno precedente, nell’asta mista.
Senza elencarvi tutti i lotti vi diciamo solo che oltre a lui troviamo figli di Excelebration, Camelot, Casamento, Holy Roman Emperor, Lawman, Zoffany e altri stalloni che vanno per la maggiore nelle aste europee.
Anche le linee materne degli yearling a catalogo non sono malaccio. Il neretto è presente spesso sia nella carriera agonistica di molte mamme sia nella prole che hanno prodotto, segno che seppur costretti dalla crisi (e dalla insipienza dei dirigenti, giova ricordarlo) a vendere il materiale più pregiato, gli allevatori italiani hanno ancora una base dalla quale ripartire, sempre che qualcuno gliene dia la possibilità.
Non mancheranno, per fortuna, gli stalloni residenti in Italia, che sono quasi tutti rappresentati in buon numero. Circa il 60% dei puledri è figlio di stalloni Made In Italy, a dimostrazione che questi costituiscono l’ossatura del sistema, senza la quale il corpo non sta in piedi, alla faccia di coloro che si ostinano a pensare a un’ippica senza allevamento, una completa follia senza alcuna ragione valida, oppure a quelli che credono che l’allevamento tricolore possa sostenersi soltanto con l’invio delle cavalle all’estero, altra pazzia non suffragata da alcun dato storico in alcun paese del mondo.
A fronte di tutto quanto appena detto, e riallacciandoci al titolo soprastante, portiamo alla vostra attenzione un dato legato a doppio filo alle aste e al mondo dell’allevamento che dovrebbe far riflettere tutti noi che oggi guarderemo e parteciperemo alle aste di Settimo. Il dato arriva dalle corse per due anni, quelle che per ragioni di tempo sono le più legate al modo delle aste. Da inizio aprile 2016 fino a ieri, 14 settembre, dunque in 4 mesi e mezzo (contiamo che ad aprile si sono corse solo 4 prove per due anni) si sono disputate 151 corse per giovani, dalle vendere e reclamare fino alle Listed e ai Gruppi, con la partecipazione di 966 cavalli, una media di 6,4 partenti per corsa. Un numero davvero basso ma la cosa più preoccupante sulla quale vorremmo si discutesse è che ben 508 di questi sono cavalli importati.
Questo significa che oltre il 50% dei due anni (il 52,58% per la precisione) che ha corso fino a oggi non ha alcun legame con il nostro Paese, non è nato qui, non ha per madre una fattrice iscritta allo stud book italiano, non è passato alle nostre aste, insomma non è italiano in nulla.
A questo punto viene da chiedersi per chi si facciano le corse, cioè se il programma italiano sia pensato per dare opportunità ai nostri prodotti oppure per aiutare quelli esteri a trovare una valvola di sfogo. Vi chiediamo di non rispondere di getto, ma di pensarci un attimo e cercare di comprendere la portata di tali numeri. Queste percentuali sono la cartina di tornasole di un problema enorme presente nel nostro settore, cioè la strategia di annientamento a cui è stato sottoposto l’allevamento nazionale.
Se neppure il 50% dei partenti di due anni è italiano, che sia figlio di stalloni italiani o esteri qui non importa, vuol dire che ci troviamo in una situazione drammatica, al limite della sparizione dello sport che amiamo nel nostro paese. Forse dovremmo perciò vedere l’asta che sta per arrivare non solo come una bella vetrina per acquistare un puledro capace di farci sognare, ma come un’opportunità per rimettere al centro del settore il nostro prodotto, un prodotto che alimenta una filiera, che crea valore per una comunità. Ecco dovremmo approfittare di queste aste per ricreare una comunità.
Antonio Viani@DerbyWinnerblog