Derby Story #4
1929. Ai più viene subito alla mente l’annus horribilis della Grande Depressione, ma il 1929 è molto più della crisi di Wall Street. E’ Trigo che da outsider a 33/1 vince il Derby di Epsom, è Irene Nemirovsky che pubblica il suo David Golder, è il surrealismo di Buñuel e Dalí nel corto Un Chien Andalou, è Cavaliere D’Arpino che incanta San Siro, ma è anche Liverpool, o meglio Aintree, a fine marzo.
Sessantasei (66!) partenti ai nastri del Grand National non si erano mai visti e mai più si rivredranno. Terreno insolitamente buono e spettacolo ripreso da 45 cameramen con slow motion al Becher’s Brook.
Partiti!
Tutti “up” alla prima fence con in testa il favorito Easter Hero, caduto l’anno precedente e con in dote la Gold Cup di Cheltenham. Trenta ostacoli e più di sette chilometri non sono uno scherzo e il gruppo si assottiglia perché il National non regala nulla e mette a dura prova chiunque. Chiedere per maggiori delucidazioni a Easter Hero passato da Gregalach, Robert Everett on board, a due sole fence dalla gloria.
Nel winner circle e nel post gara gioia e delusione si mischiano pur restando ben definite. Lady Margaret Gemmell, proprietaria di Gregalach, si coccola il suo campione, orecchie diritte e fisico statuario, non scalfito dal sudore e dalla fatica.
Gregalach, 100 contro 1 come l’anno prima Tipperary Tim nella tormenta di neve, e Easter Hero, 9 contro 2 nel fango a Liverpool dove non vincerà mai ma Wonder Horse indiscusso, sono così lontani nei modi e nel sostegno popolare, eppure così vicini.
Non solo nati dallo stesso padre, My Prince, che diede altri due vincitori di Grand National, Reynoldstown e Royal Mail, ma pure così vicini nell’epilogo degli uomini che li hanno portati alla gloria. Il primo, il proprietario di Easter Hero, Capitano Lowenstein, sparito nell’estate del ’28 con il suo volo di ritorno dalla campagna francese del suo campione e il secondo, Bob Everett il fantino di Gregalach, entrato nella aviazione marina inglese nel 1941, che terminò la sua ultima corsa su una spiaggia del Galles l’anno seguente.
Le corse non finiscono mai sul palo d’arrivo, sono i raggi di un sole che non tramonta mai.
Si ringrazia per la foto The National Horseracing Museum (AP Photo/Staff/Putnam)
Luca Zavatteri