Horse Addicted #10: Intervista a Giorgio Sandi, la rinascita ippica attraverso un manifesto condiviso!
È di ieri (DerbyWinner lo ha pubblicato in anteprima e lo trovate QUI) l’uscita del “Manifesto per l’Ippica Italiana”, una base di programma che racchiude una serie di interventi su tutti gli aspetti della filiera ippica.
Oggi vogliamo approfondire questo discorso incontrando l’estensore di questo documento, il Dott. Giorgio Sandi per cercare di approfondire il testo di ieri.
Dott. Sandi, il suo Manifesto è molto ampio e prende in esame tutte le tematiche del settore, la prima domanda è perché farlo uscire adesso? Sono anni che l’ippica è in crisi e che si discute sulle possibili soluzioni, qual è il fine di questo Manifesto?
“L’intento è quello di fare tesoro delle tante riflessioni fatte attorno alle varie questioni irrisolte dell’ippica italiana e di fare una sintesi ricercano le possibili soluzioni. Ovviamente non stiamo parlando di invenzioni straordinarie, ma della ricerca di mettere in un quadro organico tutte quelle idee di cui si è parlato nei vari anni e provare a vedere se inserendoli all’interno di un programma possa essere condiviso da tutti gli attori del comparto, essenziale per poterlo presentare alle istituzioni, e un punto di partenza per creare le condizioni di un’unione vera di tutte le componenti dell’ippica italiana”.
Nel Manifesto si parla di risorse minime (ampliabili) e di una programmazione almeno triennale. Questo approccio si scontra però con delle scelte istituzionali che hanno sempre ridotto la dotazione per l’ippica e cosa ancora più grave non hanno mai avuto un orizzonte temporale superiore all’anno e anzi spesso le condizioni sono cambiate nel corso del medesimo esercizio. Come fare?
“Credo che da parte delle Istituzioni la comprensione del mondo ippico venga vista più come una seccatura, negli anni recenti non siamo stati visti come un settore produttivo ma piuttosto come un costo. Se invece vediamo al passato notiamo che era tutto il contrario, l’ippica era un settore che si autososteneva egregiamente e produceva un importante fonte di entrata per lo Stato. Era invidiata anche all’estero per le sue capacità di creare valore. Tutto questo sistema è stato messo a soqquadro dalla scelta, interamente politica, di togliere le fonti di ricavo dalle mani dell’ippica, da qui nascono i nostri guai.
“Noi siamo a tutti gli effetti un’industria e come tale dobbiamo pianificare dove investire e lo dobbiamo fare facendo piano pluriennali, anche perché lì dove tutto parte ovvero dall’allevamento gli investimenti sono fatti su un orizzonte temporale che copre almeno un triennio. Quindi non solo è importante ma necessario, perché senza pianificare non si va da nessuna parte; assieme l’ippica deve poter lavorare su una gestione delle risorse, sia nel senso di spesa, dove investire e dove no, porre in essere quindi delle scelte ponderate, dall’altro lato nel senso dei ricavi, come stabilizzarli e aumentarli.
“Oggi, come ho detto, la politica ci vede molto probabilmente come un costo, talvolta poco giustificato, ma credo che con un progetto articolato e di grande respiro anche le Istituzioni possano capire, come hanno dimostrato in tanti altri campi produttivi, che investire nell’ippica non è a fondo perduto, ma crea un ritorno in termini di occupazione, di sostenimento e sviluppo di un’industria green che nasce dall’agricoltura e dall’allevamento e che può essere un punto di eccellenza per l’Italia se gestita correttamente”.
Nel documento si affronta la questione spinosa degli ippodromi. Noi di DerbyWinner da sempre siamo per una loro suddivisone in ippodromi di interesse nazionale (non più di due o tre per disciplina) e gli altri che hanno funzioni regionali e promozionali, comunque limitati nel tempo e nell’importanza. Lei crede che gli ippodromi che finora hanno cercato di fare il contrario possano ora essere più propensi a questo tipo di impostazione?
“In parte è un tentativo di rendere più centrale questo tema che troppo spesso rimane sullo sfondo. Queste mie linee di indirizzo nascono puramente dalla consapevolezza del momento che sta vivendo l’ippica e dalla quantità di risorse disponibili, sia finanziarie sia di parco cavalli oggi presente in Italia, entrambe ridotte. L’idea è che le risorse possono essere aumentate per tutti se si concentrano su un numero limitato di campi di corse. Il fatto di avere quaranta e passa ippodromi in Italia è una ricchezza, sarebbe peggio se ne avessimo uno solo e gestito male, però se vogliamo vedere il settore in maniera più industriale ci sono degli elementi che dobbiamo tenere da conto per valutare l’apporto di ogni struttura. Le corse di Gruppo ad esempio sono uno di questi elementi ma ce ne sono tanti altri di parametri che si possono utilizzare. Oggi vediamo troppe volte ippodromi che programmano le loro corse in contemporanea l’uno con l’altro e questo è un male anche per le scommesse, dalle quali ancora oggi dipendiamo almeno in parte. Sappiamo tutti che avere una certa organizzazione e diciamo una scansione temporale tra le corse è un fattore decisivo per la buona riuscita delle scommesse.
“In definitiva mi premeva sollevare la questione e metterla al centro del dibattito per riflettere davvero sul loro numero, sulla loro funzione all’interno del settore. Il concetto chiave deve essere l’utilità per il sistema nel suo complesso, l’ippodromo può essere compensato in base a quanto è utile al sistema. Credo sia ora di affrontare questo tema, magari per alcuni ippodromi più piccoli può essere più utile affrontare un cambiamento, per dire verso un concetto di meeting (come accade in tutto il mondo, ndr), piuttosto che continuare in questo modo”.
Altro aspetto legato al precedente è la programmazione delle corse. Troppe e troppo uguali, sia al trotto sia al galoppo. Crede che sia possibile arrivare a una programmazione centralizzata?
“Tutto nasce quando i numeri erano molto più elevati e dunque c’era la necessità di programmare tante prove per far correre i protagonisti dello spettacolo. Ora invece credo sia solo un costo per l’intero sistema, pochi soldi al traguardo, corse poco spettacolari e non selettive ed infine scommesse non appetibili. Per modificare questa impostazione sono necessari gli Enti Tecnici, dando loro un ruolo specifico di messa in pratica delle direttive di un Consiglio di Amministrazione dell’Ippica dove tutte le associazioni e le categorie siano rappresentante. Questo approccio farebbe sì che le scelte fatte al centro siano utili per tutti.
“Altro aspetto che ritengo fondamentale è la necessità di arrivare ad un handicap centralizzato, in un certo qual modo come al galoppo, che porterebbe benefici sostanziali al trotto. Dobbiamo pensare a un ammodernamento generale nelle corse per renderle sempre più affascinanti e interessanti”.
Programmazione che potrebbe anche voler dire proporre convegni di dieci e più corse che hanno indubbi vantaggi? Il contrario di quanto si vocifera in ambienti ministeriali possa avvenire il prossimo anno con la riduzione di una corsa per convegno…
“Convegni di questo tipo sono la norma all’estero, consentono di ridurre i costi fissi e di avere una programmazione più specifica per le scommesse e non una jungla dove ognuno fa come vuole e succedono gli accavallamenti già citati. Inoltre nelle giornate festive si potrebbe davvero creare un sistema dove ogni spettatore decide quando e in che modo fruire dell’ippodromo con tanti vantaggi per tutti. Dobbiamo capire che il nostro sport è differente da una partita di calcio dove si arriva, ci si siede e ci alza dopo un paio d’ore, il nostro sport ha regole diverse e vantaggi diversi che deve iniziare a sfruttare”.
In conclusione cosa si aspetta che consegua dopo questa sua uscita pubblica?
“Direi che ci vuole pragmatismo guardando in faccia la realtà e capire che le ricette che abbiamo utilizzato fino ad oggi non hanno funzionato e dobbiamo cercarne di nuove assieme, metto all’interno anche l’importante funzione di raccordo che svolge e dovrà svolgere anche in futuro il nostro Ministero. Questo è lo spunto che mi ha mosso in questa raccolta che è sfociata nel Manifesto per l’Ippica. Questo programma di base aiuta tutti noi a uscire dalla logica della richiesta quotidiana che magari è motivo di divergenze interne e capire se esiste una piattaforma comune per tutta l’ippica. Credo e spero possa essere condiviso da tutti e migliorato perché no. La sfida è riunire tutta l’ippica attorno a un progetto, che sia questo o un altro, se migliore, non importa, non ho desideri particolari di protagonismo. L’ideale sarebbe che a questo documento le singole realtà, associazioni e persone, dessero il loro contributo analizzandolo, approvandolo o criticandolo in modo da stimolare un dibattito pubblico che possa portare a un progetto condiviso da presentare alle Istituzioni, senza il quale ben difficilmente si potrebbero ottenere quel consenso nell’opinione pubblica e nelle istituzioni necessario per risolvere i problemi del settore”.