Tatts September Yearling, Part I e II, la vera asta italiana?
Fairyhouse nuova località in provincia di Milano? Pare proprio di sì, ma facciamo un passo alla volta e prima raccontiamo velocemente quanto successo in settimana.
Infatti per la tradizionale tre giorni di Tattersalls Ireland September dedicata agli yearling abbiamo assistito a un mercato che ha sostanzialmente confermato i risultati dello scorso anno.
La Part I, quella mediamente più qualitativa, ha portato un fatturato complessivo di 12.522.000€ a fronte di una offerta di 473 puledri, un lieve aumento di centomila euro rispetto al 2022 nonostante il numero dei venduti sia stato di 404 lotti, inferiore ai 413 dello scorso anno. La percentuale dei venduti si attesta all’85,4%, appena sotto il fantasmagorico 90,2% dell’anno passato.
La media ha toccato quota 30.995,00, più 3% e la mediana invece ha raggiunto quota 28.000,00, più 8%. Se la media è appena sotto al record del 2021, la mediana invece è la più alta di sempre. Il top price di questa due giorni lo ha fatto segnare una femmina da Lope De Vega con mamma Drumfad Bay, vincitrice di Listed e piazzata di Gruppo, presentata dal Castlebridge e acquistata in coppia da Quirke Bloodstock e RP Racing e con destinazione le scuderie di Appleby.
La Part II è stata meno spumeggiante ma era nell’ordine delle cose, vista la scelta di aumentare il catalogo. A fronte di una offerta di 232 lotti, più che doppia rispetto al 2022, abbiamo avuto un numero di venduti pari a 188, percentuale dell’81%, e un fatturato pari a 1.546.100, che pur con una offerta così elevata non rappresenta il record, stabilito invece nel 2017, e una media pari a 8.224, meno 21%, e una mediana a 6.000, meno 25%. Aumentare l’offerta di livello basso non ha portato a numeri eccezionali, ma se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno possiamo valutare positivamente che oltre l’80% dei puledri abbia trovato un compratore, non poco visto il livello qualitativo.
Fatta questa veloce panoramica sui numeri, andiamo al cuore della domanda del titolo: è questa la “vera” asta degli italiani?
Per rispondere dobbiamo prima mostrarvi i dati degli acquisti italiani nei tre giorni.
Nella Part I i nostri connazionali hanno acquistato 60 puledri (stando ai dati da noi raccolti) per un
prezzo totale di € 1.151.000, prezzo medio pari a 19.183,30€. Top price il bel puledro sauro da Earthlight e Strike A Light acquistato dalla Razza Latina per 80.000,00€.
Nella Part II gli acquisti tricolori sono stati 45 per un totale speso di € 363.000,00, media pari a 8.066,7. Totale degli acquisti 105 lotti per 1.514.000.
Se questi sono i numeri e non abbiamo motivo di dubitarne – anzi è più facile che ce ne sia sfuggito qualcuno e che quindi quelli riportati siano sbagliati di poco per difetto e non certo per eccesso – è innegabile che la vera asta Italiana sia questa tre giorni a Fairyhouse e non certo SGA, dove sono stati acquistati 73 puledri, ben 35 in meno che in Irlanda, e dove si sono spesi 1.556.000€, quindi solo 50mila euro in più che appunto a Fairyhouse. Giova ricordare che SGA rappresenta il meglio o quasi che può offrire il mercato italiano, mentre è innegabile che in Irlanda l’asta yearling principale sia Goffs Orby e questa di Tatts Ire rappresenti diciamo un livello buono (parliamo della Part I) ma non il top assoluto.
Detto dunque che la vera asta italiana si trova a Fairyhouse nella contea di Meath, Irlanda, è però necessario fare uno step ulteriore, approfondendo i motivi di quanto sopra, iniziando con lo sfatare alcuni miti, o se volete frasi fatte, che circondano il nostro mondo, e che impediscono un dibattito proficuo sul futuro del galoppo italiano.
Primo (presunto) dogma: i ritardi nei pagamenti portano a una riduzione della passione dei Proprietari per i cavalli purosangue.
Questa è una delle frasi più ricorrenti che si sentono, eppure questo assunto si infrange in maniera fragorosa contro il bastione rappresentato da questa 3 giorni di aste (e anche da tutte le altre aste estere “potabili” a cui gli italiani si sono avvicinati quest’anno).
Se fosse vero assisteremmo a una contrazione negli acquisti esteri che sono innegabilmente più costosi rispetto a quelli effettuati in Italia, giacché non solo i prezzi medi sono pressoché identici (se togliessimo il top price e il secondo prezzo italiano di SGA sarebbero addirittura superiori) ma scontano dei costi aggiuntivi di trasporto ecc. superiori. Invece non assistiamo a una riduzione, anzi è vero proprio il contrario, mai come quest’anno abbiamo assistito a un vero assalto degli operatori italiani. I ritardi nei pagamenti sono un danno enorme al sistema, è ovvio, ma non incidono in maniera significativa su questo aspetto, probabilmente perché i Proprietari oggi in attività sono ben a conoscenza dei ritardi e li hanno, come dire, già scontati. Al limite è possibile sostenere che ritardi meno folli potrebbero dare una spinta per qualche acquisto in più, ma certo non ci sarebbe un raddoppio.
Seconda frase fatta, gli italiani si rivolgono all’estero perché acquistano lotti a prezzi bassissimi in valore assoluto.
Falsa anche questa affermazione. Infatti i lotti acquistati per mille o duemila euro sono stati tutto sommato pochi in rapporto a quelli acquistati nella forbice tra quindici/venti o trentamila euro (ripeto, senza contare che a questi prezzi vanno aggiunti una serie di costi superiori a quelli italiani). I dati ci riportano questa realtà. Quindi non si va all’estero perché si paga pochissimo rispetto all’Italia.
Terza frase, si va all’estero perché qui non ci sono abbastanza cavalli.
Diciamo che in linea di principio questo assioma non è sbagliato, nel senso che è vero che in Irlanda (o in UK il discorso di fondo non cambia) si producono più cavalli rispetto a noi. Ma se fosse vera questa frase la produzione italiana dovrebbe venire saccheggiata, appunto perché è poca, perché ha un benefit enorme, il famoso Premio Aggiunto al 60% e perché in definitiva costa uguale se non meno rispetto a quella estera e nemmeno possiamo dire non sia competitiva in pista qui da noi.
Eppure, abbiamo oltre il 30% di ricomprati nell’asta SGA, su una offerta di poco più di 100 lotti e nemmeno possiamo difenderci dicendo che gli allevatori avevano prezzi di riserva esorbitanti, ero presente e tranne pochissimi lotti il resto è stato ricomprato tra i 2 e i 10mila euro…
Infine porto alla vostra attenzione non un frase ma uno degli aspetti più preoccupanti, che si collega con i dogmi qui sopra, cioè che alle ultime aste SGA erano presenti meno italiani che alle aste dei giorni scorsi a Fairyhouse. Nel senso che c’erano meno operatori interessati davvero a comprare puledri e la prova me la dà il fatto che non solo molti nomi di acquirenti italiani a Tatts non si trovano tra quelli che hanno operato a San Siro, ma anche quelli che hanno acquistato qui, in Irlanda hanno comprato di più, in alcuni casi molti di più. Questo aspetto della mancanza di ippici è un problema presente già da almeno un paio di anni a SGA.
La verità mi sembra lampante, la maggioranza degli operatori preferisce andare all’estero piuttosto che venire alle aste italiane.
Anche qui, ritenete sia una provocazione? A prima vista forse sì, ma i fatti e i dati ci confermano in questa affermazione. Sia chiaro non ne facciamo in alcun modo una colpa agli operatori, ognuno sceglie l’asta dove pensa di trovare il miglior rapporto qualità/prezzo e anzi sono felice che ci siano ancora persone interessate a comprare puledri e a farli correre qui da noi. Da speranza che oltre 100 puledri prenderanno la via dell’Italia.
Questo lo stato dell’arte o quello che io ritengo sia la vera realtà senza finzioni o falsi miti.
Soluzioni?
Piano, ogni cosa a suo tempo, prima cerchiamo di trovarci d’accordo sulla realtà del mercato degli yearling in Italia, sarebbe già un gran punto di partenza…
Antonio Viani@DerbyWinnerblog